mercoledì 29 dicembre 2010

Ma cosa gli insegnano...

Questa è da automobilista, e l'unica cosa che ci lega è che sul tetto dell'auto avevo la bici.

Bene, sto sulla Pontina, passata Aprilia, diretto a Latina. Limite 90, sto sulla corsia di sorpasso, 110 all'ora (in effetti è difficile sorpassare a 90 all'ora un camion che va a 90 pure lui...).

Dallo specchietto retrovisore vedo avvicinarsi a velocità sostenuta, una Panda rossa, sul muso un cartello inconfondibile, anche se non riuscivo a leggerlo per la distanza. Ah... vabbè, mi dico, e continuo a sorpassare i tre o quattro camion in fila.

Neanche a dirlo... l'auto mi arriva a ridosso, i fatidici due metri, e lampeggia insistentemente. Adesso il cartello si legge bene, era proprio quello che avevo intuito: SCUOLA GUIDA.

Ma bene, penso, ma che C.... gli sta insegnando all'allievo: ad andare a 140 dove il limite è 90, a ridurre a 0 la distanza di sicurezza, e a lampeggiare a qualcuno che comunque è al di là del limite di velocità?

Comunque, finito di superare gli autocarri rientro. Mentre i due sfilano gli faccio con la mano il segno universale di "Ma che c.... gli stai insegnando all'allievo?", e i due si sbracciano in risposte che non per fortuna non ho compreso. Francamente mi sarei volentieri fermato a discutere con loro, ma i due pigiano sull'acceleratore e riaccelerano, sempre sulla corsia di sorpasso.

Dopo neanche trenta secondi piomba alle loro spalle, sui 180 all'ora, un SUV delle dimensioni di un camion freelander, che frena appena in tempo per portarsi a non più di 20 cm dal loro paraurti posteriore e suona per passare...

Chi la fa la aspetti.

Una speciale menzione all'ente che dovrebbe sorvegliare sul rispetto del codice della strada.

Sulla Pontina tutti fanno quello che vogliono.

Salvo le lacrime di coccodrillo se qualcuno si fa male.

domenica 26 dicembre 2010

Molto bene l'AMA, maluccio noi cittadini, male i Vigili

Parentopoli a parte, dalle mie parti, quartiere Nomentano-Trieste, la pulizia delle strade ha avuto un netto miglioramento da circa un mese a questa parte.

Merito della nuova organizzazione del lavoro, dei nuovi mezzi, ma anche, e soprattutto, della decisione con la quale le squadre affrontano il lavoro. Si vede che hanno intenzione di fare un buon lavoro, e lasciano le strade decisamente pulite.

Noi cittadini non sembriamo essere all’altezza, invece. Io spero che vedere le strade pulite suggerisca una maggiore attenzione, ovvero non buttare rifiuti per terra, e non appoggiarli vicino ai cassonetti, ma infilarli proprio dentro. Anche a costo di andare ad un altro secchio se il tuo è pieno.

Infatti un’altra delle cose che l’AMA sta facendo per migliorare la situazione è la rimozione dei rifiuti che inspiegabilmente si accumulano intorno ai secchioni.

Stamattina ho notato un giovane che svuotava un cesto di carte nella normale spazzatura. Peccato, i giovani dovrebbero essere i più convinti. Inoltre vi è ancora una notevole parte di cittadini che getta la carta da riciclare nei cassonetti in buste di plastica.

Male informati? Pigri? Oppure un messaggio chiaro: mi avete scocciato, butto la carta nel cassonetto ma vi frego lo stesso… mica vorrete che veramente perda tempo con la spazzatura? Non sapete chi sono io?

In tutto questo brilla l’assenza dei Vigili. Non solo a coloro che non riciclano non vengono fatte multe (e talvolta, molto raramente, vengono fatte multe salatissime, peggio che passare con il rosso… multe salatissime ed improbabili sono una tipica combinazione da regno di Franceschiello e sappiamo come sono finiti lì).

Infine nella foto che vedete, le macchine parcheggiate in divieto di sosta sul marciapiedi di sinistra (lato opposto ai cassonetti), impediscono alle auto che seguono il mezzo di superarlo mentre lavora, creando disagio alla squadra che si sente sotto pressione, e agli automobilisti.

Un altro esempio di come la sosta irregolare sia una delle peggiori abitudini romane, e che le macchine dei residenti ingombrano la strada come le altre.
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mercoledì 22 dicembre 2010

I prigionieri del bus... sbraco natalizio del servizio pubblico


La pioggia, un paio di conferenze a Fiumicino, e l'esigenza di vestiti da cerimonia ufficiale, mi hanno fatto scartare, per qualche giorno, l'uso della bici, e così ho utilizzato i mezzi pubblici.

Il tram va, il treno pure, la tragedia è l'autobus, affogato nel traffico natalizio.

Ovvio direte voi, tutti prendiamo l'auto, e quindi è chiaro che anche gli autbus rallentino.

Beh.. mica tanto.

Per quanto riguarda i bus che ho preso io, la colpa del rallentamento era tutta dell'uso irregolare dell'auto. Prendiamo il 93 o il 310, quando sono più vulnerabili al traffico, di pomeriggio.

Il primo problema sono le auto in doppia fila, che per le feste sono aumentate a dismisura. Restringono il passaggio e allungano enormemente le code. Ma le auto in seconda fila potrebbero essere multate, o rimosse.

Dopo vi è l'attraversamento della Nomentana.

Quasi 20 minuti per fare l'ultimo tratto di Viale XXI aprile, e perchè?

Perchè le auto della Nomentana ingombrano l'incrocio anche a semaforo rosso (per loro) e quindi le auto che vengono da Piazza Bologna non riescono a superare l'ingorgo. Ma basterebbe un vigile urbano per evitare questa parte di ingorgo.

Infine, per il 93, Viale Eritrea, dove le auto parcheggiate in doppia fila annullato la corsia preferenziale. Risultato, altra mezz'ora di fila su di un tratto che dovrebbe essere appena 5 minuti di preferenziale.

E NOI PAGHIAMO, perchè il mostruoso deficit dell'ATAC è fatto anche di queste cose. Che potrebbero e dovrebbero essere evitate da chi è preposto a farlo.

La cosa fastidiosa è che in questi ingorghi rimani prigioniero anche tu, perchè l'autista non ti fa scendere se non alle fermate, e tra una fermata e l'altra può passare anche un quarto d'ora

Meglio portarsi un buon libro. Io mi sto leggendo Il Cimitero di Praga, regalatomi per il compleanno. Speriamo duri fino a Natale.

sabato 18 dicembre 2010

La fine si avvicina: per favore, diamoci sotto con la sperimentazione…

Marziano, Buon Compleanno!

Il compleanno è il momento giusto per rallegrasi di esserci, e per pensare al futuro.

Ormai però non posso fare a meno di considerare di essere passato definitivamente al di là del cammino di mezza vita. Insomma, ogni giorno che passa uno si trova –per dirla con i Pink Floyd- shorter of breath and one closer to death. (In effetti da quando nasci ogni giorno che passa sei più vicino alla morte, ma almeno il fiato continua a migliorare per un bel po’ di tempo)

Proprio adesso che, un poco sollevato dall’ansia del fare che permea gli anni giovanili, comincio davvero a divertirmi…

Però, al tempo stesso, trovo sui giornali svariate cronache di come i moderni ricercatori abbiano cominciato a far ringiovanire i topi di laboratorio, propinando loro elaborati cocktail di proteine. Si comincia a fa strada l’ipotesi che il meccanismo dell’invecchiamento possa essere fermato, e forse invertito, semplicemente attivando le capacità di autoriparazione del DNA, per cui l’individuo smetterebbe di degradarsi al passare del tempo.

Sarebbe l’alt alla vecchiaia, il tornare giovani, o lo svilupparsi di una maturità senza decadenza fisica? Non lo possiamo sapere, ma sarebbe comunque interessante provarci. Anche perché non c’e’ molta alternativa, ovvero tutti quelli che scampano incidenti, infarti, ictus, tumori maligni, film di benigni, etc, alla fine li fa secchi la vecchiaia.

Poi non capisco perché provare solo coi topi. Il mondo è pieno di vecchietti che sarebbero felici di aiutare la scienza a fare passi da gigante con qualche bella sperimentazione umana, non avendo moltissimo da perdere.

Quindi spero che presto potremo avere qualche buona nuova, anche perché se tutti abbiamo più di un dubbio sulla desiderabilità di una vita “eterna”, a morire, come a pagare, c’e’ sempre tempo.

domenica 12 dicembre 2010

Della difficile arte della prescout senza GPS



In Cicloappuntamenti si chiamano prescout (che suppongo derivi dall’unione di scout, esplorazioni e pre, preventive) quelle gite fatte per mettere a punto un percorso nuovo.

Il concetto è che un pugno di capaci coraggiosi si mette insieme per provare un percorso assemblato a tavolino facendo conto su carte, notizie, pezzi di altri percorsi. La prova su strada è decisiva e serve a mettere a punto la traccia finale, quella che può essere effettivamente percorsa, e che può differire in maniera anche notevole da quella studiata all’inizio.

Nelle puntate precedenti, ed in particolare nel picnic tra i Monti della Tolfa, era capitato al Marziano di interrogare ciclista inzaccherato che si stava tranquillamente cambiando (ma le mutande le aveva addosso, precisiamo), il quale aveva parlato di una mitica strada che univa Civitella Cesi al castello di Rota, e da Civitella raggiungerla ferrovia Capranica – Civitavecchia. Feerovia che, come l’amore, è bona a tutte l’ore.

Pertanto il Marziano, una volta identificata questa specie di mitica rotta sulle carte, aveva deciso di proporre una pre-scout, per unire un paio di itinerari ed effettuare un giro che, partendo da Manziana, avrebbe portato a Rota, Civitella Cesi e quindi a Capranica Sutri.

Una prescout per modo di dire, in quanto molti –compreso il Marziano- già conoscevano varie parti dell’itinerario, che al più andava cucito in qualche piccolo tratto di collegamento. Anzi, addirittura un consiglio dai nonni del sito (altro che pre-scout) di invertire il senso della gita, onde evitare il salitone di Rota, estremamente demanding. E così fu.

Come la prima gita, lanciata per volere dei nonni, è stata da questi disertata. Morale della favola ai nastri di partenza ci siamo trovati io e Gloria, ancora una volta un gruppo di due!

Vorrei ribadire la mia contrarietà all’ultima tendenza meteo di soleggiare il sabato e pioveggiare la domenica. Forse è un incentivo per farmi andare in chiesa la domenica… ma io resisto. Mi inumidisco ma non mi piego. Comunque la situazione meteo non era buona e qualche gocciolina già ci bagnava a Capranica.

La situazione è nettamente peggiorata scendendo la ferrovia, e arrivati alla stazione di Civitella Cesi, ci trovavamo in pioggia debole conclamata, ad indossare le cuffiette da doccia sopra il casco.

Essendo senza GPS avevo studiato bene i tratti di raccordo, con una programmazione scritta di buona qualità, che si è rivelata esatta al decametro fino a Civitella Cesi. Il minuscolo borgo è veramente magnifico, un gioiellino che in altri paesi valorizzerebbero molto di più.

A Civitella ci attardiamo per visitare il borgo e mangiare al sacco, ma io ero molto preoccupato perché dalla direzione di Rota si avvicinavano nuvole scure.

Quindi partiamo e ci avviamo per la strada, che non avevo studiato in dettaglio, in quanto sembrava senza alternativa. Alcuni gentilissimi campagnoli ci avevano guardato con compatimento, avvertendoci che la strada era solo sassi, buche e cani randagi. Un vecchietto del luogo ci aveva invece informato che la strada era “capabile” con la bicicletta, e che lui l’aveva fatta nel 1947 a piedi, quando aveva 23 anni (86 compiuti il 9 dicembre).

La strada di Rota è partita male, Infatti dopo circa 500 metri, mi sono trovato di fronte ad una imprevista deviazione. Ci ho messo quasi 20 minuti (e grazie a Gloria per i saggi consigli) a capire dove andare. La strada si è popi uniformata alla descrizione, a parte i cani randagi. Costituita da un selciato deteriorato che si sovrappone ad un fondo argilloso, è al limite della pedalabilità. In particolare i miei pneumatici artigliati scivolavano come sul ghiaccio, laddove Gloria con le sue gomme cittadine sembrava cavarsela un pochino meglio… e sviluppare più potenza. Una bi ammortizzata sarebbe stata magnifica, “la morte sua”.

In breve abbiamo avanzato tra i 6 e i 9 km/h su questa impossibile strada per carri, fino ad essere ripagati dall’apparire del castello di Rota tra le nebbie… poi giù per la discesona fino al fondo valle.

Da lì 15 km di pura sofferenza in salita, con la paura di essere raggiunti dal buio prima di arrivare a Manziana… 15 minuti dopo la partenza del treno. Inoltre con la pioggia era inutile cercarsi un posticino per riposare. Una vera iattura.
Purtroppo la frequenza di treni, uno ogni due ore è un problema molto serio. Abbiamo dovuto passare un’ora e mezza nel bar di Manziana per attendere i due successivi: io verso Roma e Gloria verso Viterbo.

Un grazie a Gloria per la fiducia riposta… e per avermi “aspettato”, infatti alla fine ero sfinito e con una caviglia prossima al blocco, non chiedetemi perché.

L’attrezzatura è andata benissimo, tutto di Decathlon vestito, ha resistito ad almeno tre ore di pioggia insistente…

Da rifare, ma stavolta con il sole.

venerdì 10 dicembre 2010

Vogliamo parlare di sampietrini?

Oggi ho perso la luce posteriore su Viale Aventino, credo di fronte alla FAO.

Di solito cerco di passare sul marciapiedi, ma oggi era presto e c'erano troppe persone... così sono stato sul pavè, dietro ad un autobus, e oltre alle solite scosse sono passato a gran velocità su di un avvallamento trasversale a tutta la corsia.

Ammazza che botta!

Fatto sta che la luce posteriore, appuntata su uno scatolone di cartone che stavo portando sul portapacchi, alla fine non c'era più.

I sampietrini non sono adatti alle strade moderne, perchè con il traffico pesante si scompaginano, e la manutenzione delle strade della Roma attuale è più vicina a quella del tardo impero che a quella dell'epoca di Augusto.

E' un po' come figurarsi le strade dell'antica Roma guardando il basolato sconvolto dell'Appia Antica (che ho scoperto essere un rifacimento medioevale). Le strade romane erano invece piuttosto piatte, come per esempio si può notare dai tratti superstiti dell'antica Prenestina.

Rimanendo ai sampietrini, quelli messi in opera sull'Appia Antica sono molto accettabili... percorribili, danno l'idea della strada antica.

Ma sulle grandi vie di scorrimento, tipo Via Nazionale, secondo me sono un costosissimo errore.

Non solo hanno bisogno di essere sigillati dall'asfalto alle giunzioni, ma se la strada è lasciata a se' stessa, i mezzi a due ruote (moto e bici) si trovano in seria difficoltà.

E di questi tratti maltenuti ce ne sono tanti: Viale Aventino è uno di questi, ma anche via di Santa Costanza, e svariati altri che in questo momento non mi vengono bene.

E' molto importante che siano rimessi a posto e curati, altrimenti è meglio sostituirli con l'asfalto.

martedì 7 dicembre 2010

Il limitatore di velocità: una cura per le auto impazzite

Una precisazione: sembra che il conducente alla guida dell'auto impazzita avesse la patente in regola. Gli era stata tolta, e poi restituita. E' irrilevante ai fini del risultato finale, ma almeno una delle aggravanti viene a cadere. La giustizia passerà ai raggi X il tutto e non vorrei essere il funzionario che ha gestito la pratica...

Si poteva fare realmente qualcosa per prevenire l'incidente? Forse poco, nel senso che può accadere a tutti di perdere il controllo dell'auto (Per esempio per un colpo di sonno, difficilissimo da prevenire, in quanto capita anche ai più esperti. Ma potrebbe anche essere un infarto, o un malore)...

... E a qualche gruppo di ciclisti (ma in passato ci sono stati scout, etc.) di trovarsi sulla traiettoria del missile.

Una volta, sul balcone di casa, sono rimasto bloccato con il collo alzato, mentre guardavo un aeroplano che passava.

Un dolore atroce, ho dovuto farmi fare un'iniezione di Voltaren. In quel periodo facevo scuola di volo, e mi chiesi come sarebbe stato se mi fosse accaduto durante un volo (senza istruttore). Ma anche in auto su di una strada a tornanti, o in moto.

Inoltre ci sono le auto che non impazziscono, ma vengono lanciate in manovre azzardate.

Quest'estate sulla strada di Terracina, per ben due volte ho avuto paura che chi sorpassava in senso opposto "mi pigliasse". Strada a 50 all'ora, due corsie secche, senza marciapiedi. Proprio come quella della foto.

E tutti i ciclisti di Terracina, dove mi sembrano pazzi per la bicicletta, a giudicare dalla quantità e qualità di negozi di ciclismo, lamentano incidenti, tutti con la stessa meccanica: sbattuti nel fosso accanto alla strada da un furgonato o un camion che semplicemente non ci passa.

I caschi rotti dalle specchiettate nemmeno si contano più.

E allora occorre fare qualcosa per diminuire la velocità, curare le auto impazzite.

Innanzitutto installare una bella quantità di misuratori di velocità, in modo da mettersi l'animo in pace. Tutti sanno dove metterle, ma nessuno le vuole, specie gli autotrasportatori e chi si sposta con la macchina per lavoro.

Senza rendersi conto che in quel modo i tempi di percorrenza diventano più certi, che è la vera condizione del business, senza essere costretti quotidianamente a tenere velocità illegali (con l'ansia di giocarsi la patente).

Ma la vera cura è il limitatore di velocità, collegato ad un bel navigatore, che limita a seconda della strada. Anche 150 sull'autostrada, ma 30 dov'è 30, cinquanta dov'è 50.

La tecnologia c'e' tutta, l'industria pure. E c'e' anche la possibilità, per le strade con tanto traffico, di variare le velocità a seconda delle condizioni di traffico. Per esempio è inutile andare a 90 ad Aprilia se a Pomezia stanno fermi. Le prospettive sono eccezionali.

Quante tragedie eviteremmo, anche perchè sì, ci sono 7 morti, forse di più, ma anche la famiglia dell'investitore non credo stia tanto meglio di quelle degli investiti.

lunedì 6 dicembre 2010

Della difficile arte di condurre i gruppi di ciclisti

In cicloappuntamenti arriva il momento nel quale, se vuoi salire di rispetto, devi proporre e condurre una gita. Un momento cruciale nella vita di ogni ciclista.

Il mio l'ho vissuto domenica, avendo finalmente proposto un itinerario basato sul Paola e Gino n. 121, Ciiclopinic tra Manziana e Tolfa. Sulla carta 40 km e circa 450 m di dislivello. SI va col treno, appuntamento stazione di Manziana ore 10 (ostiense 8:52).

Subito il diavolo ci mette la coda, perchè tra l'ascensore della metropolitana e il convoglio, mi si rompe il filo del cambio posteriore. Azz... Ma non posso ritirarmi, faticherò il doppio.

Ad Ostiense c'e' solo un altro (altra) ciclista. A Manziana nessuno.

Però la procedura va rispettata: chiedo ai presenti di alzare le mani per contarli. Risultato 1, due se conto me stesso.

Mi segno il numero sul taccuino, poi chiedo ad Uta: dovresti aiutarmi. Te la senti di aspettare agli incroci che siano passati tutti? Se la sente, e quindi partiamo.

Dietro telesoccorso del Sindaco aggiusto il cambio sul 3 rapporto e andiamo. Cambiando con il deragliatore anteriore ho tre rapporti salitina, salita e salitona. Mi manca la salitaccia, ma vabbè.

Il primo tratto (18 km) è tutto in discesa su strada Io perdo il contatto a 22 km, ma non mi va di riaggiustare il cambio, e quindi rimango indietro.

Per fortuna Uta agli incroci mi aspetta per vedere se passo.

La strada è magnifica, ma mi tocca frullare come un mototre imballato per tenere una velocità normale. Alla fine finisce e comincia la risalita su sterrato.

Al secondo km incontriamo due che fanno lo stesso percorso al contrario. Sono schizzatini di fango, ma ho visto di molto peggio. Chiedo lumi sullo stato dei campi, che sembravano piuttosto allagati.

"Impedalabile, un disastro, lasciate perdere" "Una fanga continua" "Guado all'altezza delle ginocchia non pedalabile" "salite a spinta" "Discesa? Torrente!"

Francamente a me sembravano non particolarmente esperti, anzi un po' peggio di me, ma alla fine col cambio in quelle condizioni, Uta con la sua ibrida artigliata, chi ce lo faceva fare? Così ho ripianificato al volo un giro esterno e ci siamo avventuarti per una strada sterrata che ci ha portato, senza tanti fanghi, alla vecchia Tolfa/Santa Severa.

Lì abbiamo saltato accuratamente la variante per le valli e per i torrenti, e abbiamo proseguito sull'asfalto.

Picnic con vista sulla valle che avremmo dovuto percorrere... Circa 4 anni prima, in quella stessa valle, che percorrevo da solo, avevo rotto il filo del cambio in un guado, facendo un perfetto field repair (all'epoca portavo circa 1 kg di attrezzi e parti di ricambio).

Abbiamo ripreso e continuato fino alla frana (veramente impressionante) e poi giù a rotta di collo (in senso figurato, ovviamente) fino al bivio tra Santa Severa e Manziana.

Dopo un breve consulto abbiamo deciso di riprendere per Manziana, siamo passati all'aeroporto e abbiamo fatto una piccola deviazione per la Caldara, constatando che la vegetazione ha riguadagnato il precedente accesso cancellandolo, almeno per le bici.

Ci siamo arrivati attraverso il bosco, lasciando le bici appoggiate agli alberi.

Dalla Caldara abbiamo ripreso per Manziana, evitando all'imbrunire il bosco e andando per strada.

Cioccolata calda a Manziana e treno per Roma.

Scendendo dal treno la sorpresa: gomma anteriore a terra... ci mancava!

Un grazie a Uta per la compagnia e complimenti per aver retto per 52 km e un dislivello tra i 600 e gli 800 metri (ultima cifra secondo bike route toaster, ma secondo me esagera), con una ibrida a ruote artigliate.

Debbo dire che uscire in due più semplice, ma condurre un gruppo è proprio tutta un'altra cosa! La responsabilità aggiuntiva mi ha sfinito.






giovedì 2 dicembre 2010

Sennò ci si va in canoa...

Tra estate romana ed inverno romano (anche se siamo ancora in tardo autunno), la pista del Tevere non sta trovando pace.

L'estate è stata occupata dalle bancarelle.

Passata l'estate erano finalmente partiti i lavori di asfaltatura, che erano praticamente conclusi (in effetti mancavano si e no 100 metri l'ultima volta che ci sono stato.

Adesso che tornava utile, è sommersa dall'acqua, e quando l'acqua se ne sarà andata, avremo di nuovo il problema del fango, il mitico limo parente di quello che fertilizzava l'Egitto.

Tra tutte queste cose l'uso con la bici è purtroppo molto ridotto, e quindi, come già sapevamo, non può essere annoverata tra le strutture di collegamento, ma solo tra quelle di divertimento.

Peraltro con un doppio uso... infatti, se non ci si va con la bici, ci si può andare in canoa, senza rischiare di essere investiti dalle auto.