sabato 18 luglio 2009

Biciclette, patenti, punti: molto cuore, fegato, cistifellea… ma poco cervello.

La faccenda delle sanzioni accessorie, ovvero il ritiro dei punti dalla patente di guida, a seguito delle infrazioni alla guida delle biciclette ha infiammato un dibattito dai toni piuttosto astiosi, magari viziato anche dai diversi luoghi di residenza dei partecipanti. Un dibattito che comunque ha visto tifosi più che ragionatori. Gli organi più usati sono stati il cuore, il fegato, la cistifellea per la bile, i polmoni per urlare. Il cervello per ragionare è scarseggiato alquanto.

L’Italia della strada è un paese che, almeno alle latitudini romane, si regge sugli squilibri incrociati, correggendo una mancanza strutturale mediante il mancato presidio delle norme basiche. Mi spiego: non ho fatto una politica dei trasporti in città? Non importa, usa la macchina. Non ci sono parcheggi? E lasciala in seconda fila, nessuno ti farà la multa…

Anche noi ciclisti siamo in questa situazione: non ci sono piste. Il codice della strada schiaccia le biciclette? Non importa, tanto non avendo la targa noi non si applica.

(Ho letto anche un articolo di uno che proponeva la targa alle biciclette…semplificazione amministrativa! No. Solo rabbia, perché a lui con l’auto a Milano gli fanno un didietro così, e ai ciclisti no. Si spostasse più a Sud.)

In effetti anche un ciclista può avere comportamenti pericolosi. Da giovane mi è capitato di guidare la bici completamente ubriaco. Di quella sera mi sono rimasti solo dei flash, e ancora mi chiedo come abbia fatto a sopravvivere. Se andiamo all’estero, le multe per ciclisti senza luce si sprecano.

Noi ciclisti non possiamo pretendere l’immunità assoluta, ma molte delle infrazioni sono di pura sopravvivenza circolatoria: se nel mio quartiere dovessi rispettare i sensi unici delle macchine non girerei proprio con la bici. Quindi legalizziamo il contromano delle bici, come in Olanda e in Belgio, e stronchiamo una volta per tutte la sosta in seconda fila, pericolosissima per le bici.

A proposito di auto non si può ignorare, anche se qualche (…) di articolista lo fa tranquillamente, che in un urto auto/bici, il ciclista ci rimette sempre, e quindi il conducente dell’auto deve stare almeno 10 volte più attento. Se poi parliamo di camion, allora la cosa è ancora peggiore!

Ora, il concetto di estendere la sanzione ai punti della patente mi sembra abbastanza corretto se si parla di mezzi omogenei. Per esempio, se fai guai con la macchinetta e hai la patente dell’auto, i punti andrebbero tolti anche dalla patente principale. Lo stesso vale per i ciclomotori.

Ma la bicicletta a cosa la omologhiamo, al ciclomotore? No, mi dispiace, non ci siamo.

La bicicletta per parte mia è parente stretta del pedone, di cui condivide la vulnerabilità. Anche i pedoni violano il codice e hanno comportamenti pericolosi, ma nessuno a Roma ha mai fatto una multa ad un pedone che attraversa fuori dalle strisce, e nessuno gli ha mai tolto la patente per aver attraversato con il rosso, magari costringendo un jumbo-bus ad inchiodare.

Infine vediamo infine un caso pratico di discriminazione ciclistica: Roma: Via della Moschea, incrocio Via Fauro. Supponiamo che arrivino insieme:

a) un’auto su Via della Moschea;
b) un ciclista sulla pista ciclabile (rispettando la norma che ne impone l’uso);
c) un ciclista sulla strada;
d) un pedone che cammina sulla pista (essendo a uso promiscuo);
e) un’auto da Via Fauro

Bene:

Hanno precedenza sull’auto che viene da Via Fauro, l’auto su Via della Moschea, il pedone che passa sulle strisce, il ciclista sulla strada, ma non il ciclista sulla pista, che deve fermarsi, scendere e spingere la bici a mano.

Allora il solito (…) dice (con un ghigno represso): “E’ il codice della strada”.

E io dico, visto che ho la fortuna di girare l’Europa, che anche all’estero hanno il codice della strada, ma queste non le fanno e rispettano anche il ciclista. Anzi, lo avvantaggiano rispetto all’automobilista, visto che diminuire inquinamento e rumore fluidificando il traffico è interesse di tutti.

Allora, occupiamoci delle biciclette anche in positivo e cerchiamo di riformare il nostro codice della strada per dare una casa anche ai ciclisti, e cominciamo a pianificare la circolazione per non fare delle bici i paria della strada. Mi pare però che le ultime modifiche abbiano aggiunto per i ciclisti solo obblighi (anche sacrosanti) ma nessuna delle facilitazioni assolutamente vitali alla sopravvivenza.
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2 commenti:

  1. Io applico un semplice "do ut des": se il Codice della Strada non rispetta me (ciclista), non vedo perché io dovrei rispettare lui.

    E' molto italiana come concezione, ma in Italia vivo, e in Italia devo continuare a sopravvivere.

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  2. Il pragmatismo è quello che ti fa sopravvivere, ma non bisogna rassegnarcisi.

    Io faccio un altro ragionamento: anche rispettando il CdS sono esposto a rischi enormi, e nell'ambito dei comportamenti permessi devo sempre valutare quello che è sicuro e quello che non lo è.

    Se attivo la categoria dei comportamenti sicuri, allora molte nomre del CdS perdono validità. Ad esempio: se ad un incrocio non passa nessuno, perchè dovrei fermarmi al semaforo rosso?

    Andando sul marciapiedi piano e con un minimo di educazione non danneggio nessuno...

    Insomma, visto che sono costretto ad un continuo risk assessment lo uso anche per uscire dal CdS...

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