Tre giorni a Bruxelles. A causa del pienone per una fiera cittadina, pur avendo prenotato un mese e mezzo fa, sono rimasto confinato in uno degli alberghi vicino all’aeroporto. Visto però che avevo deciso di passare prima in albergo e poi andare in città per la riunione pomeridiana del primo giorno, mi trovavo a sostituire il solito tratto in treno con due in taxi (aeroporto-albergo e albergo-città) a costo veramente proibitivo, e con la prospettiva di dover usare il taxi anche la sera al ritorno.
Speranzoso chiamo l’albergo: “Avete una navetta dell’albergo?” “No, ma se prende il bus 272 la lascia di fronte all’albergo”. Detto fatto, arrivo al piano -1, trovo il bus e ci salgo sopra. Estraggo il carnet di biglietti dei mezzi pubblici di Bruxelles che porto sempre con me. L’autista mi dice che quelli non vanno bene. Come tutti i bus dell’aeroporto si può fare il biglietto a bordo. 2 euro. Ho una banconota da dieci, e l’autista (non il bigliettaio) aziona una specie di distributore a pulsantoni colorati (tipo gioco di bambini) che ha accanto al volante e mi allunga il resto.
Un altro passeggero sale, paga cash in monete, e lui le fa cadere nel distributore, ogni taglio dentro il suo pulsantone colorato. Partiamo a dodici minuti dopo sto in albergo.
A Roma, la mattina, a Piazza Gondar, ero andato al solito bar a comprare il biglietto del treno per Fiumicino, ma il bar li aveva finiti. “Non me li hanno portati”. Per fortuna tengo sempre un biglietto per Fiumicino di riserva…
Dall’albergo chiedo: “C’e’ il modo per andare a Bruxelles con i mezzi pubblici?” “Certo, esce, prende a destra, dritto per 10 minuti a piedi c’e’ la stazione del treno” “E il biglietto?” “Lo faccia a bordo. Mi raccomando, lo chieda lei al controllore, altrimenti pensa che lei non voglia pagare e le fa la multa”.
In effetti esco, cammino lungo la strada di quasi campagna -bordata da marciapiede con pista ciclabile- e arrivo alla stazione di Diegem. Aspetto il treno, salgo e vado dal controllore, una simpatica signora un po’ sovrappeso che mi fa subito il biglietto, come a parecchi altri passeggeri. Stessa cosa al ritorno visto che la Gare Centrale aveva la biglietteria chiusa. Infatti dopo riunione e cena di lavoro, avendo controllato gli orari, prendo il treno e passeggiata a ritroso per la campagna.
Oggi rientro a Roma ed essendo a secco di biglietti (avevo appunto usato l’emergenza) vado a comprare dal primo giornalaio che incontro agli arrivi (Terminal T3) dove solitamente non c’e’ fila. “Li ho finiti, non me li hanno portati”.
Salgo alla stazione, vado all’edicola (biglietteria FS chiusa). Grandi cartelli: “Biglietti per Roma Termini Finiti Solo Roma Tiburtina”. Almeno quelli. In effetti vicino ci sono due macchine automatiche che funzionano con denaro e tre con sola carta di credito.
Però non capisco… questa penuria di biglietti ai tabaccai, bar, etc. mi sembra una follia. Così come il non poter fare il biglietto a bordo, anche se con un modico sovrapprezzo per il disturbo. In effetti però il sistema si auto compensa: trovare il biglietto non è facile, ma dopotutto ne’ all’andata, ne’ al ritorno qualcuno me lo ha controllato.
Che bisogno c’era di comprarlo?
SI può fare eccome il biglietto a bordo su Trenitalia. Basta, appunto, andare dal capotreno e dirglielo. Credo si applichi un sovrapprezzo però.
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