Avete presente quel fango che allieta le gite in autunno,
inverno e primavera? Bene, Cicloquark ha organizzato una spedizione sull’Artemisio
per cercarlo e capire dove è andato a finire.
Il tutto è partito da Presidente Randagio, che però è venuto
in auto. La più umile truppa dei ricercatori ha preso il treno da termini.
Campo base alla stazione di Velletri. E lì la prima brutta notizia.
Non abbiamo i soldi
per gli sherpa. Li ho spesi tutti in benzina. Tocca pedalà fino in vetta.
Azzo… Vabbè, facciamo colazione e acqua e partiamo sotto il
sole cocente. 275 m di dislivello nei primi 5 km di percorso, varie testate
hanno cominciato a bollire per la salita e la temperatura.
Arrivati sul limite del selvaggio (lo sterrato) troviamo Tizianik e Mr. Canna che ci dicono: potevate
prendere l’ascensore appena inaugurato, o almeno la strada del cimitero che
raggiunge la stessa quota con soli 50 m di dislivello (qui ci faremo un altro Cicloquark…).
Ed in effetti io ho
pensato che quella salita sotto il sole fosse non la strada del cimitero, ma sicuramente la strada per il cimitero, almeno dopo i fifty.
Vabbè, pronti per i secondo step, tanto il periplo dell’Artemisio
è all’ombra.
Era all’ombra, ma
per la neve adesso è al sole. Ovvero tutti gli alberi che si protendevano sulla
strada sono collassati perché hanno preteso di protendersi sotto il carico di
almeno un metro di neve. Adesso giacciono tutti segati ai lati della strada
sotto il sole.
Arrivati alla Valle dei lupi, un’altra delusione.
I sentieri
sono tutti ingombri dagli alberi caduti. Abbiamo provato ad inerpicarci a
spinta, ma il sentiero si chiudeva tanto da rendere difficoltosa anche lo
spingismo.
Dopo un paio di vani tentativi desistiamo. Nessuna
possibilità di avvistare chiazze di fango dall’alto, dovremo cercarcele sulla
strada…
E cominciamo a farla la strada, peraltro funestati da varie
forature. Cerca che ti ricerca, niente fango, solo
nuvoloni polvere. Nuvole di
polvere tanto da dover tenere il gruppo distanziato, ma lo stesso ci
ricopriamo.
E qui la folgorazione scientifica… Il fango, estratta l’acqua,
è diventato polvere. E qui subentra la saggezza ancestrale… Sei stato fatto dal fango e tornerai
polvere. Ci manca solo il
collegamento con la profezia dei Maya e possiamo fare –altro che cicloquark-
addirittura una puntata di Ciclokazzenger. La foto dimostra che di polvere ce ne siamo portata via un bel po'...
Raggiunto lo scopo scientifico, possiamo ritirarci per un
ben meritato desinare… ma dove? Insomma vinee fuori che nei pratoni del Vivaro
un ppsoto bono non c’e’. Cerca che ti ricerca, dopo aver disturbato una coppia appartata tra
i cespugli, finiamo appollaiati su una
sbarra al crocicchio tra due strade ex-fangose, che di fango ne dovevano avere
veramente tanto l’inverno, perché la polvere era un incubo.
A quel punto lo split. Il gruppo si divide e il presidente
ci comunica che il budget della produzione non basta per pagare il treno del
ritorno. Allora Pino si offre di portarci in bici verso Roma, rientrando per l’Appia,
anche se ha una fretta maledetta.
Partiamo di gran carriera con Alfredo (atteso con urgenza
dalla fidanzata!!!!), e Pino ci conduce lungo un itinerario meraviglioso per
Nemi – Gandolfo, anche se a velocità troppo sostenuta (almeno per me) per un
vero godimento. Neanche una foto.
In un passaggio delicato esplode la gomma tubeless e appena rilatticizzata
(il giorno prima!!!) di Alfredo, che è costretto a infilarci la camera d’aria.
Un appiccicume unico!!!!
Ripartiamo e continuiamo.
Attraversiamo Castel Gandolfo (nel paese non c’ero mai stato
prima) e continuiamo in velocità, con Alfredo che sgommava con la posteriore a
tutta birra al grido di “tanto la devo buttare” e giù di freno…
Passiamo a razzo accanto al lago ( e lì io mi sarei fermato
per il bagno, ma Pino, che ci ha gentilmente accompagnato, era di fretta) e giù
per il pendio fino a Frattocchie e a Santa Maria delle Mole.
Da lì in poi è stata una tortura, perché i due con le full,
e anche belli allenati, andavano a tutta birra (20-25) io con la front ho
cercato di fare le stesse cose senza toccare il sellino e contemporaneamente
rispondendo al telefono.
Ho resistito fino a Via di Fioranello, poi mi sono staccato...
Una sosta al bar di Via Cecilia Metella
per una birra e un gelato, poi raccogliendo le ultime forze, i 12 km fino a
casa… il GPS segnava 65 km e 847 di dislivello.
Cosa non si farebbe
per amore della scienza…
Ho letto e devo dire che in fondo è stato un bel divertirsi. L'unico neo è la fretta, quando si esce in bici e si gira per posti del genere non bisogna portarsela dietro, si rischia di rovinare quello che poteva essere una buona riuscita.
RispondiEliminaCiao Paolo
Anche io sono per godersi i luoghi.
RispondiEliminaIn effetti l'unica fretta al ritorno era quella di Pino che molto gentilmente ci ha accompagnato mostrandoci l'itinerario, però doveva tornare presto a casa.
E Alfredo la cui fidanzata aspettava con ansia... e che ti combinano quelle se lasciate troppo da sole...
Da rifare con calma!