Partendo da uno scoop del Corriere della Sera, si è riacceso lo scambio di idee sul bikesharing romano.
Premettendo che del fatto non ho trovato traccia nei siti del Comune e dell’ATAC, il quotidiano riportava la notizia di un accordo tra Comune di Roma e ATAC per l’istituzione e la gestione del bike sharing romano. Secondo il giornale il nuovo accordo integrerebbe le iniziative di municipio (III municipio e Ostia) e quindi risponderebbe ad una delle principali obiezioni alle operazioni “locali”.
Per quanto riguarda le tariffe il servizio rinuncerebbe a chiedere una cauzione all’ingresso (30€ con CEMUSA) ma si finanzierebbe con una tariffa fissa ed in variabile di 50 centesimi ogni mezz’ora (1 euro l’ora).
Fermo lasciando il brivido che corre lungo la schiena al romano che sente che una cosa è gestita dall’ATAC, la tariffazione scelta sembrerebbe contraddire la filosofia di base del bike sharing di tipo europeo, ovvero la filosofia dell’uso breve gratuito. A Parigi la prima mezz’ora è gratis…
In effetti se prendiamo l’uso medio di due spostamenti al giorno (bus + bici, bici + bus) arriviamo a spendere non meno di un euro a giorno lavorativo. Di fatto si raddoppierebbe la spesa per l’abbonamento ATAC. Una cifra abbastanza consistente, almeno per studenti e bassi redditi. Ancora peggio se pensiamo ad un uso di varie tratte al giorno. Erano meglio i trenta euro (l’anno) di deposito. L’effetto di questa tariffazione potrebbe risultare in una riduzione netta dell’uso del bike sharing.
Non ci è dato di sapere se questa impostazione verrà mantenuta, ne’ le ragioni dell’adozione. Le malelingue dicono che in realtà l’ATAC intenda impiantare, più che un bike sharing alla parigina, un noleggione di bici volto al mercato dei turisti. Con il rischio che il servizio rimanga limitato alle aree più pregiate dal punto di vista turistico, escludendo le periferie.
Se fosse solo questo, le cose sarebbero facilmente conciliabili prevedendo abbonamenti mensili o annuali a prezzi contenuti, che potrebbero reintrodurre la mezz’ora gratis. Addirittura si potrebbe far coincidere l’abbonamento con il Metrebus annuale o mensile.
Rimane da verificare il problema dell’effettivo costo del servizio. E’ chiaro che la porzione di costo non compensata dai ricavi deve essere ripianata dal Comune. Si tratti di costi diretti, o di mancati introiti da concessione pubblicitaria il costo è reale.
E’ inutile confrontarci con le altre città europee. La situazione debitoria e patrimoniale è diversa, e una spesa pubblica più qualificata permette di indirizzare le risorse disponibili verso obiettivi di carattere strategico. La scomparsa dell’ICI sulla prima casa ha privato i comuni italiani di risorse vive, rendendo necessaria la riduzione dei servizi. Se occorre mettere a carico pubblico il bike sharing i soldi devono essere tolti a qualcun’altro
Quello che ci vorrebbe da parte del Comune, a questo punto, è un po’ di trasparenza, intendo di quella vera. Trasparenza sugli obiettivi da raggiungere, la pubblicazione dei costi CEMUSA e ATAC, il confronto, la qualità dei rispettivi servizi.
Non è chiedere molto, ma ciò consentirebbe di portare i cittadini ad essere informati sulle ragioni alla base delle scelte del Comune e consentire un dibattito responsabile ed informato.
Ne avremmo da guadagnare tutti.
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