venerdì 30 dicembre 2022

2022, l'anno della riscossa (delle auto)

Il 2022 ha visto ancora una volta la crescita della mobilità alternativa… purtroppo per noi questa crescita pur consistente è stata ampiamente surclassata dalla riduzione della quota di trasporto pubblico.


Alla fine il 2022 è stato l'anno della riscossa. Delle auto. Ma andiamo per ordine.


2022 Biciclette: meglio, molto meglio, ma non basta.

La quantità di bici in giro è in graduale e continuo aumento. Si vedono costantemente nuove persone che si spostano in bicicletta, anche su strade dove non te le aspetteresti.


Le biciclette sono diventate una costante anche sui treni, a testimonianza dell'avanzare della multimodalità come moltiplicatore dell'utilità del treno.


La mobilità sostenibile si fa strada, ma il limite rimane la povertà dell'infrastruttura, a cominciare dalla raggiungibilità delle banchine dei treni.


Nota negativa: ancora si vedono in giro ciclisti totalmente senza luci o catarifrangenti.


2022 Trasporto pubblico: sempre peggio (eccetto le ferrovie)

Purtroppo la continua espansione del trasporto a pedali è stata molto più che bilanciata dalla ritirata del trasporto pubblico di qualità, con l'eccezione delle ferrovie.


Infatti perdura la crisi delle metropolitane romane, irrimediabilmente azzoppate dal quinquennio (e passa) della Raggi.


La corsa ai ripari dell'ultimo periodo, quando ormai era troppo tardi, è servita a poco o nulla. Quando si parla di questo tipo di trasporto le scadenze di materiale rotabile e infrastrutture sono tutte "pesanti" e vanno gestite con una programmazione seria e robusta. Che è mancata, francamente già dall'epoca di Marino. 


Sipperchè: 

  1. noi elettori siamo volubili ed è molto difficile che vengano premiati sindaci che adottano programmi che finiranno dopo la loro consiliatura;

  2. la maggior parte dei sindaci non ha matrice tecnica e non crede che un tram si possa fermare fino a quando non lo vede proprio fermo… 


Solo adesso le frequenze della metro stanno tornando degne di tale nome, mentre la crisi sulla Roma-Lido perdura.


I tram sono rimasti fermi per periodi lunghissimi per motivi vari. Per Natale è stato finalmente riaperta Piazza Ungheria al traffico dei tram, ma di espansione della rete ancora se ne parla poco.


I bus? Beh, non potendo contare su nuove linee metro per almeno altri due anni, ci si sarebbe aspettato un ritorno alle linee espresse di rutelliana memoria, attestate in corsie preferenziali. Purtroppo no, o bus sono sempre più local e sempre più lenti.


Per fortuna le ferrovie sono in continua espansione, avendo capito che un buon servizio ferroviario può sostituire il traffico automobilistico. 


Trenitalia l'ha capito, la regione Lazio meno, e investimenti per l'espansione della rete (per esempio una linea da Santa Palomba/Pomezia fino a Pomezia downtown e Torvajanica) non se ne vedono. 


2022 Autocalipse Now per il terzo anno consecutivo

Se le biciclette vanno meglio, il trasporto pubblico si ritira e per il terzo anno consecutivo, dallo scoppiare del covid, la città è stata lasciata nelle mani degli automobilisti. 


Alcuni automobilisti sono sicuramente tali per mancanza di trasporto pubblico adeguato. 


Però sia questa categoria, che tutto il resto di loro, può usare la macchina perchè la città chiude un occhio, e spesso due, sulla situazione drammatica della sosta irregolare, che mangia qualunque spazio con un'arroganza crescente e che ricorda quella della Roma pre-rutelliana.


Ora viene spontaneo chiedersi quale delle due cose sia l'effetto e quale la causa. 



2022 La battaglia per la seconda fila

Sicuramente intere generazioni di sindaci con la coscienza sporca in tema di trasporto pubblico non hanno voluto rischiare un'irreparabile ulteriore scadimento di popolarità reprimendo la sosta irregolare tanto da stroncarla (perchè questo serve, sennò si fa cassa).


E' altrettanto vero che se si controllasse la sosta irregolare al centro e nella media periferia l'automobile diverrebbe automaticamente inutile. 


Al tempo stesso più le persone si abituano ad usare l'auto e più vogliono usarla, per cui ormai gli automobilisti combattono per il diritto di lasciare la macchina in sosta in seconda fila.


Che poi l'intera discussione sulle bikelane è proprio questa. Le bikelane hanno occupato il posto della seconda fila, vedi per esempio in Via Gregorio VII, e questo è bastato per scatenare le proteste più becere e i comitati che più beceri sono e più nomi altisonanti e volti al bene hanno.



2022 Pedoni fuori controllo

Roma non è una città per pedoni, almeno dalla caduta dell'Impero.


I pedoni muoiono spesso per strada, ma a giudicare dal livello di disciplina stradale se gli automobilisti non fossero a modo loro attenti, ne morirebbero molti di più.


Infatti è normale per un numero sempre crescente di pedoni, l'attraversamento rettilineo e libero delle strade. Non solo lontani dagli attraversamenti pedonali, ma anche sottocurva, su strade veloci, insomma dove ti puoi trovare veicoli addosso (sopra, per la precisione) in un attimo.


Per non contare quelli che ti attraversano davanti facendo finta di pensare ad altro, oppure quelli che forzano il passo tanto non li puoi mettere sotto.


Quando li incontro penso sempre a tutti gli altri pedoni che mi hanno dato la precedenza quando la avevano loro, però nei casi più eclatanti dico semplicemente "ma che cazzo ci fai qui in mezzo"  che nell'etichetta romana rimane uno dei peggiori insulti.



2022 Un'ultima offesa: torna la lobby degli anticiclisti

Purtroppo, oltre ai comitati di cui sopra,  ad ostacolare la mobilità ciclistica ci si sono messe anche lobby che vedono nell'uso della bicicletta un'offesa imperdonabile al decoro cittadino. Sì, proprio al decoro…


Già conosciamo quelli che non vogliono le biciclette sull'Appia Antica. Adesso sono comparsi quelli che non vogliono il GRAB a Villa Ada e lo vorrebbero far passare a Villasimius…


Poi ci sono quelli che trovano sbagliata la pista al centro di Viale Trieste, in realtà solo perchè non potrebbero più far cacare i cani in piena libertà sull'aiuola centrale… però tutti si costituiscono in comitati e bussano alle porte dei municipi.


 

2022 Piste e corsie ciclabili: quando sono fatte bene funzionano

Ormai lo sappiamo, le piste e le corsie ciclabili fatte bene funzionano, e favoriscono l'uso della bicicletta.


Smettiamo di criticare le corsie ciclabili, anche loro se fatte funzionano.




2022 Pippone Ciclistico Finale

Ovviamente non esistono anni di sole luci, anni senza ombre.


Dal punto di vista strettamente ciclistico il 2022 non è andato malaccio, siamo parecchi di più, forse non molto più sicuri, ma siamo cresciuti e il trend sta continuando.


Purtroppo le auto sono alla riscossa e siamo tornati al punto nel quale qualunque sottrazione di spazio agli automobilisti, circolazione, sosta in prima fila, sosta in seconda fila, viene considerato un attentato alla mobilità e all'efficienza economica.


In parte è così perchè i mezzi pubblici non riescono a costituire una valida alternativa a causa dello stato di trascuratezza nel quale versano da qualche anno.


Pertanto guardiamo al 2023 sa con la fiducia di chi crescerà ancora, ma con la coscienza che non ci sono allori sui quali sedere e la battaglia contro le auto, per riconquistare spazi e sicurezza, è ancora tutta da giocare, almeno a Roma. 

sabato 17 dicembre 2022

Ciclomobilismo: fuori città è peggio

Negli ultimi due anni la mia attività ciclistica extraurbana è stata principlamente cilomobilismo, per cui ho accumulato una certa esperienza. Per questo dico che, per quanto possiate pensare male della circolazione delle biciclette in città, quando si esce dai limiti urbani la situazione peggiora nettamente

Il punto è presto fatto: recentemente su ciclomobilisti è stato riproposto un video di un camionista che sta dietro a un ciclista. 

Il camionista non ha spazio per superare perché la corsia sulla quale marcia è troppo stretta per affaincare il ciclista che pedala. Però l'altra corsia è completamente occupata, e il camionista si deve tenere dietro al ciclista che andrà intorno ai 20 all'ora per un bel pezzo fino a quando uno slargo della strada permette al ciclista di farsi passare e al camion di passare.

Bene: questa è proprio la situazione nella quale il ciclomobilista extraurbano si trova,  ovvero quella di formare un tappo rispetto a veicoli ben più veloci di lui che potrebbero anche fare gesti inconsulti nel tentare di sorpassare. Inoltre ciò diminuisce nettamente lefficienza della strada come infrastruttura di collegamento.

Nel Lazio una volta usciti dalla città scompaiono le piste ciclabili, se non per qualche rarissima eccezione eccezione che non sposta di una virgola il problema. 

Tra l'altro l'uso della bicicletta fuori dai centri urbani è di fatto limitato alle ore diurne delle giornate di bel tempo sulle strade poco trafficate. Tutte le altre condizioni equivalgono a un suicidio, almeno se praticate con regolarità


Esiste una domanda di ciclismo extraurbano?
Una volta fatta questa consatazione occorre capire se c'è una domanda per il ciclismo extraurbano. 

Dipende cosa si intende, perché se pensiamo di andare con la bicicletta da Roma a Milano non esiste, ma se pensiamo di andare tra Anzio e Aprilia già comincia ad esserci una certa domanda. 

Se poi pensiamo un collegamento a Latina e Latina Scalo allora abbiamo che la domanda potenziale è molto forte ed è sostanzialmente sostanzialmente legata dalla pericolosità dell'infrastrutttura stradale

Dobbiamo ricordarci che anche i paesi che distano 4/5 km possono essere facilmente raggiunti con la bicicletta, ma ancora una volta questo funziona solo se la strada non è troppo trafficata, e se ci troviamo in orario Diurno e col bel tempo. Altrimenti anche piccole distanze possono diventare micidiali

Come fare a migliorare l'infrastruttura?
Dopo aver constatato questa situazione il passo successivo è chiederci se abbiamo ricette per invertirla. Questo ovviamente è tutto un altro paio di maniche vorrei qui offrire alcune mie considerazioni

Anche in presenza di volontà politica, per tornare indietro rispetto a una situazione del genere ci vogliono una ventina d'anni di investimenti e alcune decisioni molto serie dal punto di vista infrastrutturale.

Cominciamo a dire che le nuove strade, o il rifacimento delle vecchie, dovrebbero tutte prevedere (come vedo sempre più all'estero) una bikelane laterale di larghezza un metro / un metro e mezzo per consentire alle auto e ai camion di sfilare accanto ai ciclisti senza invadere l'altra corsia, e ai ciclisti di pedalare alla velocità che preferiscono. Bordare la bikelane con catadiottri sarebbe fantastico e aumenterebbe la sicurezza nell'uso in ore notturne

Un'altra soluzione rapidamente attuabile, e a costo relativamente basso, sarebbe quella di trasformare in bikelane tutte quelle corsie che spesso si trovano ai lati delle strade già esistenti, e che lasciate in condizioni disatrose, con buche, vegetazione e abbandono di immondizie. Come esempio cito gran parte della Laurentina, che potrebbe costituire un'autentica ciclovia per il mare.

Collegare i centri abitati con le stazioni del treno
In via prioritaria i comuni dovrebbero provvedere ai collegamenti ciclabili quando le stazioni sono fuori dal centro abitato.

Nel Lazio il già citato collegamento tra Latina e Latina Scalo (dalla quale si raggiunge la città in circa 40 minuti di treno) è una damnation alley dove il ciclista rischia la vita già di giorno (come potete vedere dall'immagine). Figuratevi a percorrerla di notte e/o con la pioggia.

Si possono citare tanti altri comuni che non hanno collegamento ciclabile con le loro stazioni: Anagni, Sezze, Norma, Ferentino, Cori e lo stesso Frosinone. Tutti comuni che potrebbero contribuire alla diffusione della ciclomobilità e alla riduzione del traffico collegando i centri cittadini con le rispettive stazioni del treno.

Non è certo rocket science.

sabato 10 dicembre 2022

Sicurezza di noi ciclisti - Cosa serve e cosa no

La terribile morte del campione Rebellin ha riportato alla ribalta il dramma degli incidenti in bicicletta, che da noi sono veramente tanti. Però se ci pensiamo bene da noi i morti per strada sono tanti, come quelli sul lavoro, molti di più che in altri paesi nell'Unione Europea.

Sull'ondata dell'orrore ci sono stati molti interventi, che hanno posto e riproposto un cocktail di soluzioni. Il guaio è che ben pochi di questi interventi sono fatti da persone veramente specialiste di sicurezza, spesso di tratta solo di reazioni di cuore di persone giustamente indignate.

Più dannosa è la vena di massimalismo che si snoda attraverso tutti gli interventi. Il massimalismo è una delle maledizioni italiane, la trasposizione intellettuale del campanilismo nazionale. Fonte di rigidità e di contrapposizione, non cava alcun ragno da alcun buco.

Inoltre dobbiamo tenere conto che almeno un italiano su tre ha votato per uno schieramento politico che crede fermamente nella supremazia mezzo a quattro ruote, senza impedimenti tra le scatole. Ciò complica notevolmente il quadro del possibile.

Senza pretesa di avere il 100% della ragione, vorrei offrire qualche valutazione da specialista del settore, anche se non di quella stradale, coniugata all'esperienza di ciclista di molti anni.

1) Rebellin: ma siamo sicuri che anche in questo caso sia colpa del camionista?
Scusate per questo colpo allo stomaco, ma non avendo (almeno noi) alcuna informazione sulla dinamica dell'incidente non dovremmo saltare subito alle conclusioni.

Anche noi ciclisti commettiamo errori e qualcuno di questi errori può avere conseguenze fatali in tempo reale. 

L'incidente è avvenuto in rotatoria questo rende nulli tutti i ragionamenti sulle velocità, distanze minime, con buona pace dei massimalisti. C'entra il modo di comportarsi in rotatoria dei mezzi pesanti e dei ciclisti quando ci sono i mezzi pesanti.

2) Per favore basta invocare altre regole che nessuno segue. Pensiamo in termini di qualità della guida e corrette pratiche operative. 
La cosa che mi lascia sempre molto perplesso sono quelli che invocano nuove norme per salvare i ciclisti. Un caso tipico sono nuovi e più stringenti limiti di velocità. Se la gente non osserva quelli già esistenti, come si può sperare di risolvere qualcosa con limiti più stringenti? Casomai ci vogliono più autovelox!

Qui dovrebbe aprirsi un discorso molto approfondito, e magari una norma amministrativa ci vorrebbe, non per egolare i comprtamenti alla guida, ma per obbligare gli enti padroni delle strade a mettere autovelox (e soprattutto a tenerli funzionanti) in certe condizioni tipiche, per esempio su tratti privi di interruzioni dove le auto accelerano, e in particolare dove non vi sono piste ciclabili (serie) per le biciclette.

Provare per credere. Vedo a Nettuno come autovelox funzionanti, installati in punti strategici modificano sensibilmente il comportamento degli automobilisti.

Va anche considerato che vi sono sempre più attacchi vandalici agli autovelox funzionanti, e che quindi l'apparato andrebbe protetto con fototrappole e applicare con durezza le norme civili e penali sicuramente esistenti.

Vediamo inoltre di educare gli altri utenti della strada al rispetto dei mezzi più lenti, definendo appropriate pratiche operative. Le prativhe operative servono per applicare in maniera corretta le regole che nella maggior parte dei casi già esistono.


3) I guidatori di mezzi lunghi sanno come ci si comporta con le biciclette?
Non ho una statistica di quanti ciclisti siano morti uccisi da "mezzi lunghi". 

La prima cosa che mi viene in mente è che bisogna spiegare ai guidatori di "mezzi lunghi", camion, bus auto con roulotte o carrelli a rimorchio è che quando si affiancano ad un ciclista non possono girare a destra o accostare (questo in particolare per i bus) fino a quando non lo hanno superato del tutto. Altrimenti devono fermarsi e lasciarlo "sfilare".

Il concetto non è innovativo, ed è una conseguenza delle norme sul superamento. Chi supera ha la responsabilità di non interferire nella traiettoria del superato. 

E questo vale ancora di più in rotatoria.

A nostra  volta noi ciclisti dobbiamo stare attenti a non infilarci in trappole mortali perchè arrivando dietro, spesso da destra, difficilmente il guidatore ci vedrà prima che sia troppo tardi.

4) Adeguata distanza laterale dal ciclista
Mantenere un'adeguata distanza da ciclisti e monopattini è fondamentale e quindi è bene provare a definire una distanza operativa che assicuri un livello di sicurezza passabile.

Però anche una persona poco attenta capisce che la distanza di 1,5 metri in città non è applicabile, e che una macchina che ti passa accanto a 50 cm ma va a 25 all'ora è diversa da un TIR che passa a 100 all'ora a un metro di distanza.

Inoltre se chiediamo di applicare la misura del metro e mezzo tout-court diventano inutili o impossibili da realizzarsi tutte le corsie ciclabili, in quanto in città una macchina e una bici mai potranno viaggiare affiancate, nemmeno al semaforo.

E poi la bici può superare a destra se non ha 1,5 metri di distanza? e se stai su di una strada a tre corsie e la corsia sulla quale ti trovi è larga meno di tre metri (1.5 per parte) che devono fare gli altri utenti della strada?

Abbiamo quindi un concetto operativo corretto, quello di una sicura distanza laterale di sorpasso, che per essere declinato in chiave prima operativa (ed eventualmente solo dopo regolamentare) ha bisogno di ragionamenti abbastanza raffinati, a partire da una tabella bidimensionale che incroci dimensioni del mezzo e velocità, per esempio fino a 30, tra 30 e 50, oltre i cinquanta.

E presentarla a scuola guida e far vedere le conseguenze pratiche del non rispetto.

5) Le infrastrutture appropriate recitano un ruolo fondamentale nella sicurezza (dentro la città)
L'Italia ha tanti incidenti ciclistici anche perchè non vi è adeguata infrastruttura. In città i km di pista ciclabile per abitante sono da un quinto, ad un terzo di quelli delle città europee più evolute.

Quindi è fondamentale costruire reti ciclabili, sia piste che bikelane, per separare il traffico automobilistico e quello cilcistico.

Casomai il problema è come vincolare i comuni a realizzare una corretta rete ciclabile. 

Dal punto di vista regolamentare occorre prevedere un legame tra limiti di velocità, divieti di sosta e struttura delle strade, in modo da costringere i comuni a realizzare le reti per non penalizzare troppo gli altri utenti della strada.

Per esempio associare la possibilità di un limite a 50 all'ora solo per strade dove sono disponibili piste o corsie ciclabili, altrimenti tutti a trenta, sotto l'occhio vigile degli autovelox.


6) Infrastrutture appropriate recitano un ruolo fondamentale nella sicurezza (anche fuori la città)
Per quanto in città le cose vadano male, fuori città va peggio. Infatti le strade provinciali, regionali e statali sono tutt'ora realizzate senza tenere conto del traffico ciclistico.

Non serve moltissimo, già un metro a bordo strada, se ben tenuto, è una salvezza per il ciclista (questo dovrebbe far riflettere sul concetto di distanza laterale). 

Tra l'altro il vero pericolo arriva quando la strada è talmente stretta  che per superare il ciclista occorre mettere le ruote nella corsia opposta o adiacente, con le limitazioni del caso.

Ora andrebbe studiata la possibilità di fare un regolamento che costringa a modulare il limite di velocità sulle strade in funzione della presenza o meno di una corsia ciclabile. 

Se ci pensate è assurdo che sulla Pontina ci sia lo stesso limite di velocità (90 km/h) delle più sperdute migliare dell'Agro Pontino, dove spesso i ciclisti vengono investiti. D'altra il cittadino comune dirà:  perchè devo andare a 70 su una strada dove non si vede mai un ciclista? 


7) Chi si allena e non si sposta ragiona in modo diverso
Che ci piaccia o no per chi si allena osulle strade ccorre fare ragionamenti a parte.

Nelle mie escursioni ciclistiche, e anche quando prendo la macchina, vedo singoli ciclisti e addirittura gruppi interi fare cose discutibili, rischiose, se non addirittura pericolose, come invadere in gruppo la corsia opposta anche quando stanno arrivando altri mezzi.

O "infilare" file di maccine e camion ai semafori cercando di mantenere la media oraria.

Inoltre sappiamo bene che chi arriva sfinito alla fine dell'allenamento tende a sottovalutare i rischi a causa della stanchezza e dell'urgenza di finire nella media.

Per questo gli incidenti in allenamento costituiscono una categoria a se' stante che andrebbe studiata a parte in quanto la guida in allenamento rrisponde a logiche differenti.

8) Conclusioni
rendere le strade più sicure per i ciclisti è un'operazione seria, difficile, che richiede calma e gesso, ovvero serietà, costanza e attenzione.

Il massimalismo italico non serve a nulla, si tratta di soprattutto di cambiare il modo di guidare degli autisti dei mezzi più veloci, e di fare un certo numero di investimenti mirati non a rendere i mezzi a motore più veloci, ma rendere l'uso della bicicletta più sicuro.

La bicicletta elettrica ha aperto ad uno scenario di questo tipo, ma la strada è tutta da percorrere, e sopattutto, viste le condizioni culturali italiani, ancora tutta in salita.

sabato 3 dicembre 2022

Corsia ciclabili: una valutazione soggettiva

È ormai più di un anno che la rete delle corsie ciclabili concepita durante il periodo del covid è stata realizzata, e quindi abbiamo avuto ampio margine di utilizzarla. 

E' importante a questo punto che la comunità ciclistica di Roma dia un giudizio il più possibile oggettivo su questo importante strumento

Per questo vorrei dare il mio contributo ad un dibattito che sicuramente si presenta interessante

Per iniziare vorrei citare la risposta data da Mario Draghi a chi gli chiedeva un'opinione su un controverso strumento di politica economica (non mi ricordo se il reddito di cittadinanza o il bonus 110%). Lui disse: una cosa è buona se funziona bene.  

Direi di applicare lo stesso criterio alle corsie ciclabili, perhcè l'esperienza guadagnata percorrendole mi fa dire che le corsie ciclabili sono buone se sono progettate bene.  

E che significa progettate bene? Significa essenzialmente che devono essere il più possibile rettilinei senza zigozaghi. Per intenderci lunghe e rettilinee come la corsia ciclabile della Prenestina. 

Trovo assolutamente inadatte quelle che seguono le rientranze dei marciapiedi oppure, come la bike Lane dell'Aventino (=progettisti che odiano i ciclisti), che inutilmente attraversano il traffico vivo in vari punti

Anche la bike Lane Tuscolana si divide in due parti: quella più centrale dove la corsia ciclabile zigozaga, mentre la parte più esterna con un percorso nettamente più rettilineo è sicuramente molto utile.

Un'altra caratteristica delle bike Lane è la separazione che offrono dal resto del traffico. 

Dove la bike Lane non è ricavata tra il parcheggio dell'automobile e il marciapiedi sarebbe consigliabile tenerla separata con borchie o catarifrangenti, altrimenti succede come all'incrocio tra via del Policlinico e Viale Castro Pretorio, dove le macchine sterzano sulla corsia ciclabile e la stessa striscia scompare dall'asfalto ed è ormai ricoperta dalla gomma lasciata dai pneumatici

Un ultimo appunto riguarda la protezione delle bikelane dalle macchine in sosta.

Dove la sosta è parallela alla bike Lane la violazione dello spazio vitale da parte degli automobili è relativamente ridotta accade Ma si tratta chiaramente di errori di parcheggio

Quando la bike Lane è ricavata a ridosso di parcheggi a spina di pesce, come su Viale Castro Pretorio, la musica cambia e gli errori di parcheggio (se di errori e nonn di dispetti si tratta) sicuramente sono molto più frequenti. 

In questi casi la bike Lane andrebbe protetta da cordoli o qualche altro elemento che segnati all'automobilista di non invadere lo spazio della ciclabile.


In definitiva mi sembra che le bike Lane siano dei buoni strumenti purché siano progettate con criteri di efficienza di percorso e senza circonvoluzioni o altri cambi di direzione che forse vanno bene per i bambini con le loro biciclettene ma non certo per persone che indirizzano la bicicletta per spostarsi da una parte all'altra della città metropolitana.

Ovviamente vanno anche sorvegliate per impedire che siano fagocitate dalla sosta selvaggia, sia permanente che temporanea, ma questa è un'altra storia!