domenica 12 dicembre 2010

Della difficile arte della prescout senza GPS



In Cicloappuntamenti si chiamano prescout (che suppongo derivi dall’unione di scout, esplorazioni e pre, preventive) quelle gite fatte per mettere a punto un percorso nuovo.

Il concetto è che un pugno di capaci coraggiosi si mette insieme per provare un percorso assemblato a tavolino facendo conto su carte, notizie, pezzi di altri percorsi. La prova su strada è decisiva e serve a mettere a punto la traccia finale, quella che può essere effettivamente percorsa, e che può differire in maniera anche notevole da quella studiata all’inizio.

Nelle puntate precedenti, ed in particolare nel picnic tra i Monti della Tolfa, era capitato al Marziano di interrogare ciclista inzaccherato che si stava tranquillamente cambiando (ma le mutande le aveva addosso, precisiamo), il quale aveva parlato di una mitica strada che univa Civitella Cesi al castello di Rota, e da Civitella raggiungerla ferrovia Capranica – Civitavecchia. Feerovia che, come l’amore, è bona a tutte l’ore.

Pertanto il Marziano, una volta identificata questa specie di mitica rotta sulle carte, aveva deciso di proporre una pre-scout, per unire un paio di itinerari ed effettuare un giro che, partendo da Manziana, avrebbe portato a Rota, Civitella Cesi e quindi a Capranica Sutri.

Una prescout per modo di dire, in quanto molti –compreso il Marziano- già conoscevano varie parti dell’itinerario, che al più andava cucito in qualche piccolo tratto di collegamento. Anzi, addirittura un consiglio dai nonni del sito (altro che pre-scout) di invertire il senso della gita, onde evitare il salitone di Rota, estremamente demanding. E così fu.

Come la prima gita, lanciata per volere dei nonni, è stata da questi disertata. Morale della favola ai nastri di partenza ci siamo trovati io e Gloria, ancora una volta un gruppo di due!

Vorrei ribadire la mia contrarietà all’ultima tendenza meteo di soleggiare il sabato e pioveggiare la domenica. Forse è un incentivo per farmi andare in chiesa la domenica… ma io resisto. Mi inumidisco ma non mi piego. Comunque la situazione meteo non era buona e qualche gocciolina già ci bagnava a Capranica.

La situazione è nettamente peggiorata scendendo la ferrovia, e arrivati alla stazione di Civitella Cesi, ci trovavamo in pioggia debole conclamata, ad indossare le cuffiette da doccia sopra il casco.

Essendo senza GPS avevo studiato bene i tratti di raccordo, con una programmazione scritta di buona qualità, che si è rivelata esatta al decametro fino a Civitella Cesi. Il minuscolo borgo è veramente magnifico, un gioiellino che in altri paesi valorizzerebbero molto di più.

A Civitella ci attardiamo per visitare il borgo e mangiare al sacco, ma io ero molto preoccupato perché dalla direzione di Rota si avvicinavano nuvole scure.

Quindi partiamo e ci avviamo per la strada, che non avevo studiato in dettaglio, in quanto sembrava senza alternativa. Alcuni gentilissimi campagnoli ci avevano guardato con compatimento, avvertendoci che la strada era solo sassi, buche e cani randagi. Un vecchietto del luogo ci aveva invece informato che la strada era “capabile” con la bicicletta, e che lui l’aveva fatta nel 1947 a piedi, quando aveva 23 anni (86 compiuti il 9 dicembre).

La strada di Rota è partita male, Infatti dopo circa 500 metri, mi sono trovato di fronte ad una imprevista deviazione. Ci ho messo quasi 20 minuti (e grazie a Gloria per i saggi consigli) a capire dove andare. La strada si è popi uniformata alla descrizione, a parte i cani randagi. Costituita da un selciato deteriorato che si sovrappone ad un fondo argilloso, è al limite della pedalabilità. In particolare i miei pneumatici artigliati scivolavano come sul ghiaccio, laddove Gloria con le sue gomme cittadine sembrava cavarsela un pochino meglio… e sviluppare più potenza. Una bi ammortizzata sarebbe stata magnifica, “la morte sua”.

In breve abbiamo avanzato tra i 6 e i 9 km/h su questa impossibile strada per carri, fino ad essere ripagati dall’apparire del castello di Rota tra le nebbie… poi giù per la discesona fino al fondo valle.

Da lì 15 km di pura sofferenza in salita, con la paura di essere raggiunti dal buio prima di arrivare a Manziana… 15 minuti dopo la partenza del treno. Inoltre con la pioggia era inutile cercarsi un posticino per riposare. Una vera iattura.
Purtroppo la frequenza di treni, uno ogni due ore è un problema molto serio. Abbiamo dovuto passare un’ora e mezza nel bar di Manziana per attendere i due successivi: io verso Roma e Gloria verso Viterbo.

Un grazie a Gloria per la fiducia riposta… e per avermi “aspettato”, infatti alla fine ero sfinito e con una caviglia prossima al blocco, non chiedetemi perché.

L’attrezzatura è andata benissimo, tutto di Decathlon vestito, ha resistito ad almeno tre ore di pioggia insistente…

Da rifare, ma stavolta con il sole.

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