domenica 27 ottobre 2019

EVVIVA! Finalmente a Roma un bikesharing per ricchi...

Dopo l’aborto targato ATAC e l’indegno fallimento del bike sharing a flusso libero… Evviva, finalmente
a Roma abbiamo di nuovo un bike sharing. 


Non solo, ma non è un bike sharing normale…  e’ il bike sharing dei ricchi, fatto con biciclette a pedalata
assistita, e dovrebbe finanziarsi con i propri proventi, visto che il comune non ha gli occhi per piangere.


Ora, potremmo sentirci contenti e molto simili ad altre città, dove il bike sharing è nato e tutto sommato 
prospera. Citta’ moderne e vivaci come Barcellona, Parigi, Bruxelles (dove Jump e’ presente accanto al
tradizionale Villo!). 


Invece c'è qualcosa che non va, Anzi c'è tanto che non va.


Storicamente il bike sharing nasce per complementare il trasporto pubblico su rotaia, veloce, capiente
ma necessariamente poco capillare.  In particolare serve per aumentare la flessibilità del sistema
trasporto pubblico e decongestionare la rete di metropolitane tagliando le piccole tratte, quelle di una o
due stazioni.


L'idea è quella di mettere le stazioni di Bike Sharing vicino ai nodi da trasporto pubblico su ferro,
tipicamente le stazioni della metropolitana e delle ferrovie locali, per poi distribuire altre stazioni di
bike sharing sul territorio. 

Questo bike-sharing tradizionale è ovviamente molto meno flessibile del bike sharing a flusso libero,
ma è anche progettualmente a complemento della rete del trasporto pubblico.


Un'altra caratteristica di questo tipo di bike sharing complementare è il costo compatibile con
quello del trasporto pubblico. 


Per esempio a Bruxelles l'abbonamento annuale al Bike Sharing Villo! costa circa €30 e permette di
prendere gratuitamente la bicicletta tutto l'anno.  Gratuitamente per la prima mezz'ora, che dovrebbe
essere la durata tipica dell’utilizzo del bike sharing ed eventualmente con un piccolo sovrapprezzo
se si vuole la tenere la bicicletta più a lungo.


Ovviamente un servizio costa quello che costa, non si puo' criticare chi si mette sul mercato, ma il
nostro Bike Sharing invece ha poco, se non niente, a che vedere con il supporto al trasporto pubblico.


Se la scelta delle bici elettriche lo rende appetibile a molti, anche d’estate e in salita, i  suoi costi sono
molto alti, specie se confrontati con il costo giornaliero dell'abbonamento. Infatti il metrebus Atac alla
fine costa un po' meno di €1 al giorno mentre un tragitto di 10 minuti con la bicicletta Uber costa,
secondo le tariffe pubblicate, €2,50 (0,5 di sblocco piu’ 10 minuti per 0,2 a minuto).


Questo significa che se si prende il bike-sharing due volte al giorno, per esempio per andare e tornare
dal posto di lavoro alla fermata della metropolitana o del treno, e il tragitto è di circa 10 minuti di bicicletta, 
si spendono al giorno €1 di ATAC e €5 di Bike sharing.

Appare evidente che un bike sharing che costi 5 volte il prezzo del biglietto ha un suo mercato in termini
di turisti (poco attenti alla spesa), facoltosi in generale, CEOs, CFOs, COOs, (Amministratori delegati,
Capi del settore finanziario o operativo, dirigenti generali dello Stato) ma rimane oggettivamente
fuori portata del 90%, degli utenti del mezzo pubblico, soprattutto in una citta' dove il mezzo pubblico
#e' tradizionalmente della fascia meno abbiente della popolazione.


A queste condizioni diventano addirittura conveniente  il Car Sharing tradizionale, quello con le
macchinette elettriche, i ciclomotori elettrici e anche forse i monopattini quando verranno. 


Il che non è una bella pubblicità per la mobilità ciclistica.


Morale della favola,  il Bike Sharing che ci troviamo è una specie di zombie mutante del Bike Sharing
tradizionale, concepito per potenziare e rendere più flessibile il sistema di trasporto pubblico.


Certo, l'amministrazione non va per il sottile e strombazza come una vittoria. 


In realtà è un Bike Sharing con target molto limitato che poteva benissimo complementare, certo ma
non rimpiazza, il bike-sharing tradizionale. 


Bike sharing tradizionale  che a sua volta è un elemento essenziale per fare la transizione da un sistema
basato sul trasporto pubblico e l'automobile ad uno che non contempla più l'automobile,  come sta
accadendo nelle città europee… ma d’altra parte tra blocchi di nuove realizzazioni, dissoluzione del
patrimonio di progettualita' con la liquidazione di Roma Metropolitane, e problemi tecnici che affliggono le
metro romane, non è che si stiano facendo grandi passi in questo senso.

Anzi, purtroppo stiamo addirittura recedendo.

domenica 20 ottobre 2019

Roma: ma quanti ciclisti mancano ancora all'appello?

Nella foto trovate il contaciclisti di Rue de la Lois a Bruxelles.

Il contaciclisti segna 1500 passaggi (erano circa le 5 del pomeriggio) nel giorno e circa 340 mila a meta' ottobre... vedremo cosa succedera' a novembre!

Ah dimenticavo... la pista e' a senso unico, quindi parliamo di 1500 passaggi all'andata... al ritorno (dall'altro lato) un po' di meno, ma alla fine parliamo proprio di 1500 ciclisti e non di 750 ciclisti che fanno due passaggi. Cmq la media dei passaggi e' di oltre 1000 al giorno... non male!

La pista di Rue de la Lois, spesso fotografata per questo blog, e' una delle piu' vecchie su di un itinerario molto conveniente, e' quindi molto frequentata. Quindi ho un'idea di quanto possa essere frequentata una pista molto frequentata, ed e' esattamente quello che non sta accadendo a Roma.

La pista della Nomentana, pur essendo quasi perfetta, ha una densita' di ciclisti enormemente piu' bassa, tanto che un mio compagno di fasti brussellesi, ritornato nella capitale, mi ha detto... ogni volta che vado al Ministero non ci vedo mai nessuno. Tanto e' vero che gli ho dovuto mandare una foto di una fila di bici al semaforo (5) per confortarlo... pero' ha essenzialmente ragione lui.

Insomma... si sta dimostrando meno vera del previsto la tesi che a Roma i ciclisti non ci sono per mancanza di piste ciclabili. Certo, sicuramente sulla Nomentana i ciclisti non c'erano per mancanza di pista, ma forse molti di quelli che la percorrono sono, come me, gli stessi ciclisti che prima facevano altre strade.

Questo e' ancora piu' vero se pensiamo che almeno la meta' delle bici che girano sono a pedalata assistita, quindi sostitute dei ciclomotori.

Per intenderci, non ciclisti nel senso tradizionale che noi intendiamo, ma persone che pigliano la bici purche' non si debba pedalare... per davvero. Quindi lo scarso numero dei ciclisti su starada va commisurato ad una platea di potenziali utenti ancora piu' grande.

Ahi.

Ma perche' tutto cio'? Forse a Roma non e' pieno di gente che non ne puo' piu' dell'auto/scooter e dei suoi costi?  Certo, ma trasformare la bici da mezzo per appassionati a mezzo comune di chi non glie ne frega niente del come, basta che si arrivi bene?

Secondo me la ridotta estensione della rete ciclabile e' comunque ancora un problema, quindi le piste e le bike lane bisogna continuare a farle. Se non altro per vincere la resistenza dei genitori nel mandare i figli a scuola.

Pero' il primo problema, da sempre lo dico e mi sembra confermato, e' dove tenere la (o le) bici. Sia a casa che al lavoro o a scuola. Infatti una famiglia di di quattro persone si trova ad avere almeno quattro bici (una a testa). Gia' tenerle dentro casa e' un bel problema, se poi non entrano nell'ascensore, l'unica soluzione rimane la pieghevole, che va bene per la citta' ma non per il resto.

Purtroppo l'esperienza dimostra che a Roma vengono rubate anche le tristissime bici da palo, se non altro per il loro peso in metallo. Inoltre non si puo' fare che ogni scuola diventi il supermercato dei ladroni, come avviene per esempio all'universita'. Anzi, mentre e' normale tenere, seppure con qualche precauzione, lo scooter in strada, nessuno lascerebbe una bici da 2000 euro legata al palo.

Quindi occorre passare urgentemente alla bonifica di tutte quelle persone che campano fregando biciclette. D'altra parte a Roma ci sono troppi individui che delinquono nell'indifferenza totale, a cominciare da quelli che vanno in giro a buttare rifiuti ovunque.

L'altro problema rimangono le dimensioni della citta'. Roma e' una citta' grande (per esempio Ostia) e con dislivelli anche importanti, basti pensare a Cassia, Monteverde, alla Balduina, etc. etc.

In queste condizioni 10 km in bicicletta sono molto probabili... a quel punto, anche ammesso che hai un'elettrica, cmq in sella ci stai tanto, un bel po' di piu' di scooter e metropolitana.

Quindi vi sono tanti che potrebbero passare alla bici, ma si troverebbero di fronte ad un uso estensivo della bici per il quale non sono ne' preparati ne' maturi. SE vogliamo in tutte le grandi citta' la platea dei ciclisti si e' ampliata attraverso il bike sharing, ovvero prendi la bici alla fermata della metro e ci fai l'ultimo miglio...

La morale e' questa... per liberare Roma dalle auto servono treni e metropolitane. La bici comincia ad avere un ruolo quantitativo solo dopo aver spezzato la dipendenza dall'auto offrendo un trasporto pubblico di qualita'.