martedì 28 agosto 2018

Ciclisti per finta e Ciclomotoristi elettrici

Ho sempre apprezzato la bici a pedalata assistita, bici elettrica per brevita’, in quanto  e’ l’argomentazione da usare contro chi dice che la bici non e’ per tutti.


Infatti apre l’uso della bicicletta anche a persone che non sono in grado di affrontare certi tipi di fatiche, o che debbono coprire distanze proibitive, magari 30 km al giorno, e rimanere accettabilmente asciutti etc. etc.


Ed in effetti all’inizio vedevi in bici elettrica signori ben vestiti, mamme con bambini sui seggiolini, oppure persone che possono usare la bicicletta come mezzo di spostamento anche in contesti di grande dislivello.


Si e’ anche sviluppata una comunità di elettrociclisti (che chiamano noi “muscolari”) che dice che loro fanno la nostra stessa fatica, solo vanno più forte… mah, ho elementi concreti per non crederci completamente, ma ancora una volta tutto bene, anzi benissimo.


Infine  la bici elettrica e' come un’assicurazione sulla ciclabilità dovesse svilupparsi qualche problema nelle gambe, tipo failure del ginocchio, per continuare a godersi i paesaggi anche senza poter sparare dentro forza.


Con l’arrivo delle batterie moderne la bici elettrica è diventata un mezzo dalle grandi potenzialità pratiche, con autonomie di tutto rispetto, ed un’architettura che è ritornata quasi simile a quella delle biciclette normali, tanto miniaturizzati si sono fatti motori e batterie.


Di colpo e’ diventata il mezzo preferito dei discesisti, che cosi’ possono farsi la bici pesante quanto vogliono, salire a batteria e buttarsi nei boschi giu’ a rotta di collo (letteralmente…)


Qui pero’ è anche successo il casino. Infatti la bici elettrica e’ ormai cosi’ sofisticata  e pratica, da divenire appetibile a tutta un’altra serie di soggetti che poco, o nulla, hanno a che fare con ambiente e spirito ciclistico. Pertanto qui finiscono i ciclisti elettrici e cominciano altri soggetti, per esempio due tipi caratteristici.

I finti ciclisti
Qualche tempo fa pedalavo sulla BFold sulla Prenestina, sole alle spalle, quando vedo sull’asfalto un’ombra di ciclista su 29 che arriva veloce come il vento. Sospiro alla ruota 20, all’abbigliamento da ufficio....

Sembrava proprio un ciclista di quelli tosti, pedalando senza mani, vestito come tale, perfino il casco con il cinturino slacciato, ma quando è passata la ruota artigliata anteriore, ho visto la batteria integrata nel telaio e il motore…

Nota: il casco col cinturino slacciato ne tradisce la matrice motoristica, in quanto mai ciclista vero si assoggetterebbe al casco tenendo slacciato il cinturino!


L’ho seguito pedalare fino a Largo Preneste, dopodiche’ si e’ dileguato con un paio di traiettorie improbabili gettando scompiglio nel flusso del traffico e l’ho perso di vista. Pero’ e’ riciccciato altre volte, sempre stesso tipo di apparizione.

Se forse e’ il piu’ caratteristico, altri individui si mascherano da ciclisti veri, e sono tutti contenti di superarti (si vede dalle loro espressioni) con l’aiuto del motore elettrico.

Francamente non ne riesco a comprenderne la ragione, e’ un po' come vantarsi di avere l’uccello sempre dritto dopo aver preso il Viagra.

Forse che pensano che il ciclista vero non scorga la differenza tra la velocità del mezzo e l’evidente disimpegno fisico? Boh! Pero’ non nego che, tenendo un buon passo urbano da pieghevole in abiti da ufficio sui 15 km/h, farmi superare da un pagliaccio in bici elettrica un po’ mi gira.

Sta di fatto che questi individui non solo sono molto più frequenti, ma pretendono di tenere velocità sui 30 all’ora anche sulle piste ciclabili, con i problemi evidenti di sicurezza.

Il che fa pensare che forse la velocità max assistita, 25 km/h, e’ forse un po’ alta per l’ambiente delle piste ciclabili e andrebbe tagliata, non oltre i 15 km/h, proprio per mantenere la compatibilità con i muscolari


I ciclomotoristi 

Alla categoria dei finti ciclisti, irritante ma quasi  innocua, si sta aggiungendo a velocità preoccupante quella dei ciclomotoristi, ovvero quelli che prendono la bici elettrica in sostituzione dello scooter, per vari motivi: niente casco, niente assicurazione, niente targa… velocità simile.

Per fortuna questo tipo di ciclista si fa notare in quanto pedala (quando lo fa) in maniera totalmente disgiunta dalla velocità del mezzo e preferisce quelle orribili biciclette  con le ruote grosse da sabbia, che stanno diventando un universo a se’ stante.

Infatti, come i vecchi ciclomotori erano quasi ingestibili a pedali (e quante pedalate ho fatto con il caro Piaggio Boxer, la mia prima e unica full) anche questi ciclomotori elettrici hanno poche possibilità di essere mossi a pedali,  just in case esaurisci la batteria.

Il problema è che per ottenere questo effetto occorre andare al di la’ della legge, ovvero alzare il limite dei 25 km/h per la pedalata assistita  oppure rimuovere direttamente la relazione tra pedali e motore e montare un acceleratore che comandi il motore.

La diffusione di questi ciclomotori elettrici è stata all’inizio limitata ad un classico fenotipo (per dirla, come le famose zoccolette delle Smart), tanto che pensavo che in realtà si trattasse di membri di un cartello dedito allo spaccio ecologico di droga .

La formula sembra aver successo anche al di fuori di questi ambienti e una serie di individui, sempre vestiti molto all’ultima moda del momento, spesso malgrado la loro età, sta transitando dallo scooter al ciclomotore elettrico.

Il problema è che mentre il Ciao, Boxer, Si’, Califfone, dell’epoca nostra si chiamavano ciclomotori per distinguerli dalle motociclettine (Aspes, Caballero, e il mitico Corsarino, il 50 quattro tempi della Morini),questi ciclomotori elettrici sono associati alle biciclette e ne sfruttano le semplificazioni normative.

E quindi te li trovi sfrecciare ai limiti dei 40 all’ora, senza il minimo sforzo da parte dei ciclisti, anche sulle piste e nelle altre aree dove le bici sono permesse o tollerate. E’ solo questione di tempo che accada qualche incidente serio, dunque. Anche considerando che molti si portano i figli nel seggiolino a quelle velocità.

E infine il mitico pippone morale!
Quello che mi preoccupa oltremodo è l’abuso del concetto di bicicletta, per il quale potrebbe pagare la comunità ciclistica intera. Ricordiamoci che casco, targa e assicurazione obbligatoria sono sempre in agguato, se non altro perche’ fortemente sponsorizzati dagli anticiclisti.

La tradizione nazionale non è purtroppo di prevenire ma di curare, anzi,  preferibilmente amputare con furia vendicativa dopo il fattaccio. Francamente ritengo che ogni eventuale reazione normativa possa essere confinata alle sole biciclette a pedalata assistita, quindi mi preoccuperei veramente se fossi un onesto elettrociclista.

Nel frattempo la mia esperienza di ciclista mi porta a dire che i famosi 25 km/h di pedalata assistita si riveleranno presto eccessivi, ma comunque, nel frattempo, occorre vigilare affinche’ la bici a pedalata assistita non venga abusivamente trasformata in un ciclomotore elettrico, il che non sarebbe niente di male se pero’ seguisse la normativa degli scooter (casco, targa, assicurazione…)!

martedì 21 agosto 2018

Cape Portonaccihorn

La rotta piu’ conveniente tra casa e ufficio, non la piu’ corta, ma la piu’ rapida e meno faticosa, richiede di doppiare, due volte al giorno, il periglioso Cape Portonaccihorn.


Per questo ogni volta che la faccio la temo, e cmq qualche rischio lo si corre sempre.


I vantaggi sono, in un quadro di distanza praticamente equivalente a quella della Prenestina, una bella rampa a pendenza costante da Piazzale delle Provincie fino a Castro Pretorio, senza tutti i saliscendi.


Di contro stai sempre in mezzo al traffico, quindi senza beneficiare del marciapiede della Prenestina e, soprattutto, devi doppiare il terribile Cape Portonaccihorn.


Cape Portonaccihorn ha i suoi Scilla e Cariddi.


Scilla è lo stato della strada stessa. Stretta, divisa tra una corsia abbondante (direzione Prenestina) e aperta al traffico e una corsia preferenziale quasi secca verso la Tiburtina, funestata in zona bici (cioe’ a 50 cm dal minuscolo marciapiedi) da una micidiale e quasi impedalabile serie di tombini ribassati. Pero' finita la follia dell’accesso libero alle auto, e’ tornata abbastanza tranquilla.


Nota: Da vecchio Prenestino all’accesso libero non ci ho mai creduto, anche perche’ la segnaletica era rimasta veramente identica prima, durante e dopo l’apertura, e solo recentemente è stata resa inequivocabile...


Fino a due mesi fa il tutto era servito in salsa di asfalto sconvolto, sconvolto sul serio e quindi ancora più terribile. Provvidenzialmente il fondo stradale è stato rifatto e adesso la ciclabilità è migliorata alquanto. Rimane pero’ Cariddi, che non migliora, anzi…


Cariddi è il grande deposito dell’ATAC, una delle principali fonti del temibile #mortaccibus. Se solo riprendo le testimonianze lasciate su questo blog gli attacchi peggiori e più gratuiti sono avvenuti appena prima e appena dopo il grande deposito dell’ATAC… come quello di una settimana fa.


Si, infatti, dovendo tagliare drasticamente i tempi di ritorno a casa, e considerando che Porta Maggiore è sconvolta dai lavori alle rotaie, ho tentato ancora una volta la fortuna… mal me ne incolse.


Arrivo all’inizio Cape Portonaccihorn (rotta verso la Prenestina) e supero tranquillamente a dx la coda formata al semaforo del deposito. Verde, continuo a pedalare, e mi si affianca (dico 5 cm dal manubrio) e lentamente comincia a sfilare un autobus dell’ATAC.


Gia’ i 5 cm dal manubrio mi indispongono alquanto, ma cmq un autobus è un coso senza spuntoni e la differenza di velocità non e’ eccessiva. Vabbe’.


Pero’ davanti a me, lungo la preferenziale rotta Tiburtina, colgo, prima che la visuale venga tagliata dalla prua del bus, due elementi preoccupanti: un furgone parcheggiato un po’ sul marciapiedi e un po’ sulla preferenziale e, soprattutto,  un altro bus in arrivo che ha già cominciato ad allargarsi per  superarlo.


Immediatamente faccio 2 + 2 e penso… ma dove va ‘sto coso che mi sta superando che non ci passa?


Manco  finisco di pensare che l’autista de “‘sto coso” invece di fermarsi butta il muso contro il marciapiedi e inchioda. Io, gia’ preparato al peggio  freno immediatamente e senza conseguenze, Tanto va piano avra’ pensato l’autista. Capirete che essendo stato superato solo metà, non mi sono divertito per niente a vedermi chiuso tra bus e marciapiedi.


Dopo la ripartenza ci ho messo un pochino a riacchiappare il bus, e pure da distante, visto che lui puntava a Casal Bertone e io no,  lo scambio di cortesie con l’autista è stato abbastanza brusco. Ovviamente non si è scusato, anzi… Ma come dico sempre in questi casi, l’importante è che lui sappia che la sua manovra a cazzo non sia passata inosservata.


“Niente irrita di più un conducente di qualcuno che se ne intende gli faccia notare che la sua manovra a cazzo è stata notata e bollinata”


Detto questo, rimane la necessità di far pressione sull’ATAC per spiegare che il ciclista, per quanto piccolo, prende uno spazio definito e non si puo’ fare finta che non ci sia.


Anzi, a scuola guida andrebbe spiegato proprio a tutti.

giovedì 16 agosto 2018

Guado a Largo Preneste

Largo Preneste allagato
Roma e' una città che non smette mai di stupire.

Per esempio puo' capitare che un tranquillo ritorno dall'ufficio in una città vuota, si trasformi in uno slalom tra le zone allagate, fino a quando non ci sono piu' scuse e devi fare il guado piu' esteso della tua vita ciclistica, perdipiu' con la pieghevole...

Alla fine molta circospezione e sono passato... ovviamente a semaforo rigorosamente rosso, mica potevo rischiare che una macchina mi facesse l'onda!

Insomma alla fine tutto bene, per fortuna la città e' semideserta!

giovedì 9 agosto 2018

Ciclabilità a Roma 2018... qualche stella in una notte nera

Nel compilare il summer report 2018 sulla ciclabilita’ a Roma francamente avevo pensato di essere
alquanto negativo.


I lavori della pista ai tempi della nevicata
Poi percorrendo Via Nomentana, di fronte ai lavori ormai partiti della ciclabile, ho pensato che non si
poteva essere più negativi dei tempi di Marino, il sindaco che qualcosa ha detto ma niente ha fatto
per noi ciclisti, tanto da piazzarsi anche dietro ad Alemanno, il quale almeno aveva potuto completare
e inaugurare qualche idea di Veltroni.


Quindi parlero’ di qualche stella in una notte nera, cosi’ come le luci di una fattoria sul fianco di
un’enorme montagna oscura.


Le stelle...
E quali sarebbero le stelle? Beh… la Nomentana e, se la fanno, la ciclabile della Tuscolana.
Opere che incidono nel tessuto vivo della città. La Nomentana, ormai avviata, è una delle opere
fondamentali. Infatti le corsie laterali, e uniche percorribili in bici, sono strette e pericolose,
specialmente con le buche d’oggi.


Speriamo solo che non sia troppo palloccolsa, con troppi attraversamenti della Nomentana,
salite e discese da passi carrabili e scalini non raccodati quando si sale e scende dai marciapiedi.


E sulla Tuscolana speriamo!!!!!


La notte nera
Finite le stelle, ripartiamo con la notte nera,  il luogo dove i ciclisti di Roma dimorano nello stridore di
denti.


Oddio, qualche progresso in ciclotutela è stato fatto. La popolarità europea della bicicletta ha
moltiplicato il numero dei ciclisti, e la maggior parte degli automobilisti ha imparato a considerarci
come aventi diritto a stare sulla strada.


I cari coinquilini della strada
Chi non ce lo riconosce sono la maggior parte degli scooteristi, un buon 20% degli automobilisti, una
ercentuale identica tra gli autisti dei mezzi pubblici, nonche’ circa il 70% dei furgoni bianchi che fanno
le consegne.


Dopodiche’ arriva, e questo e’ veramente il brutto, circa il 95% dei vigili urbani e il 98% degli ingengneri
e geometri che al Comune si occupano di viabilità…


E infatti questa è la vera notte nera della ciclabilità romana, ovvero che nella gestione/controllo del
traffico in realtà non solo non è cambiato nulla, ma si sono fatti anche passi indietro… la situazione è
brutta per tutti, ma per noi ciclisti è molto peggio.


Ormai a Roma, a parte passare con il rosso, essendo il semaforo l’unico totem della capitale,  si puo’
fare qualunque cosa, tanto nessuno interviene.


E non solo noi ciclisti, ma tutti, ormai anche i pedoni, che ormai pensano che tutto è permesso tanto se
non stanno sulle strisce non li mette sotto nessuno.


Ormai quando danno il numero dei pedoni investiti mi chiedo sempre… quanti sugli ttraversamenti
pedonali?


In tutto questo il rischio principale rimane, per me, l’alta velocità di auto/moto/scooter/furgoni, che si
scatena non appena la strada è un po’ libera. Sulle stradone, su tutte dopo le nove di sera e fino al
riformarsi del traffico, si scatena il GP Notturno Quotidiano di Roma, dove si va dai 70 per giocare fino
ai 170 per i più bravi sulla Colombo… con le conseguenze che conosciamo. Autovelox? Nessuno, non
vogliamo mettere le mani nelle tasche dei cittadini.


La viabilità cilcistica? Un dramma
Anche dal punto di vista della viabilità le cose vanno male. Non solo per l’effetto devastante sulle
biciclette, delle condizioni del manto stradale.


Per rendere una città adatta alle biciclette, per poter sfruttare pienamente le potenzialità del mezzo,
non bastano due piste ciclabili buttate in mezzo al traffico. Occorre manutenere quelle esistenti e
ensare ciclabile tutti i giorni, infilando piste ogni volta che si fanno lavori, per ottenere una rete di
itinerari da percorrere in condizioni di siurezza accettabili.


Partiamo dal degrado delle piste ciclabili esistenti: ci siamo persi il tratto sull’Olimpica della pista della
Moschea (ormai la strada e’ riparata, la pista no), il Viale del Giardino Zoologico (prima pista, ora
riaperto alle auto ma senza neanche una cazzo di bikelane disegnata per terra).


Le radici rendono di fatto impercorribili senza almeno una  front la pista dell’EUR altezza della
circonvallazione Ostiense, Viale Rossini, Valle Giulia tra il Museo Etrusco e il Tevere… in questi casi
la cosa è molto pericolosa perche’ le radici hanno ingobbito il manto stradale senza romperlo,
quindi già all’imbrunire non distingui gli ostacoli e se arrivi veloce con una pieghevole o una bici
non tenuta sladamente in mano passi qualche momento molto casual.


Cicloturismo
La parte cicloturistica poi… il GRAB è dimenticato, mentre non riusciamo a collegarci con le piste
del Comune di Fiumicino, forse perche’ Montino è del PD… eppure basterebbero tre/quattro chilometri
di MACADAM sull’argine del Tevere fino a Ponte Galeria per poter raggiungere il sistema di piste di
Fiumicino, Fregene, Maccarese, Castel di Guido etc…


Vendetta grida poi la mancata messa in sicurezza dell’argine del tevere opposto alla Pista di Castel
Giubileo. Li’ c’e’ l’attraversamento del Tevere, c’e’ la strada, anche li’ una sistemazione ufficiale e vai,
finalmente dai un senso circolare (magari raccordandoti con la pista dell’Aniene) alle tristi gite “avanti
e indietro” sulla pista di Roma Nord.


Tra le visioni fantastiche una pista che colleghi Roma Sud a Ostia Antica… e anche confermare
l’ingresso/uscita a Roma della Via Francigena da Nord, attualmente stretta tra cancelli privati su strade
che non credo lo siano.


E i lavori nuovi?
Due settimane fa ho percorso la Tiburtina fino a Via di Salone… pensare che si sia ristrutturata
(mica tutta… solo pezzi non collegati tra di loro…) una strada cosi’ grande, con quegli spazi, senza
integrarci (e quindi a costi marginali) una pista ciclabile è follia.


La Tiburtina non è sicuramente colpa della Raggi, ma dell’Amministrazione precedente si’ e di tutti quei
tecnici comunali e non che detestano le due ruote a pedali.

Insomma, il 2018 e’ ancora un anno di potenzialità perdute. Qualche stella, si’, ma la notte e’ e rimane
sempre nera...