venerdì 17 ottobre 2025

Chi c'era e - soprattutto - chi mancava a Via Guido Reni




Per quanto non creda molto nelle manifestazioni, ho sentito proprio come un dovere civico la partecipazione alla manifestazione di Via Guido Reni, l'11 ottobre scorso, a difesa del GRAB e , in genere della ciclabilità romana.

Debbo dire che ho trovato più persone di quanto temessi, però molto meno di quanto sarebbero state necessarie per dare un segnale forte. Il segnale indubbiamente c'è stato, ma non così massiccio da scuotere la pubblica opinione con la sua risonanza.


D'altra parte, in una giornata meravigliosa come quella, la maggior parte dei ciclisti sarà stata a pedalare in qualche posto meraviglioso (anche se ormai la parte ciclabile di Roma è vasta e bella).

Chi c'era
Alla manifestazione sono intervenuti tutti i vecchi del folclore ciclistico capitolino, dalla grande Ceska col suo dinosauro ad altri, purtroppo in questi 15 anni non siamo ringiovaniti.

Folta la rappresentanza dei genitori col biciclettone elettrico da accompagno a scuola, cosa che da nonno mi solletica immensamente, e c'era anche una rappresentanza di  monoruotisti, per me oggetti veramente misteriosi.

Una rappresentanza molto ridotta di bici elettriche e parecchie pieghevoli, compresi vari esemplari dell'aristocratica Bromptocrazia. 
In generale era presente tutto l'associazionismo cicloecologico della sinistra e del suo centro.

Niente di nuovo.

Chi non c'era
Più interessante, e spiacevole per l'assenza, la lista di chi tutti i giorno percorre le piste ciclabili ma non si è fatto vedere.

Innanzitutto spiccava la mancanza assoluta di monopattinari, che ce li hai sempre tra i pedali, ma quando servono (a qualcosa) non si vedono.

La categoria affolla le piste per almeno il 20/30% delle presenze, ma non ne ho visto uno... Sicuramente sono una categoria ancora più a rischio di noi ciclisti, ma forse non hanno capito cosa c'e' in gioco e preferiscono rischiare la pelle tra le auto... contenti loro!

Al secondo posto abbiamo i cicloelettricisti da ufficio,  per indicare quella categoria che usa la bici elettrica come una volta si usava lo scooter 50 cc, Per esempio sulla Pista Nomentana sono i più numerosi, secondo me la categoria arriva a totalizzare il 50% dei passaggi. Forse pur usando la bicicletta in realtà non si sentono ciclisti.

Infine spiccava l'assenza, forse per mancanza di mezzi, di un'altra categoria molto rappresentata sulle piste, i bikesharer, quelli che si muovono in bikesharing, e non sono pochi. Purtroppo non sembrano interessati alla cosa.

Fuori concorso il convitato di pietra, l'elefante nella stanza del ciclismo romano (e italico), i riders, che consegnano i pasti a casa, e che sono una categoria un po' a se', anche se probabilmente macinano almeno 10 volte i km di tutti gli altri, anche in virtù del fatto che stanno tutti transitando alla moto elettrica attraverso la modifica (fraudolenta) dei propri mezzi.

Ingaggiare chi non c'era
Analizzando le categorie presenti, abbiamo rifatto una bella manifestazione di sinistra, molto politicizzata a -giusto- sostegno del sindaco e della sua amministrazione.

Giustissimo, ma così si crea solo autoconsenso (oops.. cicloconsenso), un po' come quando il PD di Schlein, ma anche FdI di Meloni, aumentano le loro percentuali all'interno della loro area politica. 

Che a sinistra (escludido el segundo municipio) ci sia un appoggio alla mobilità ciclista lo sappiamo tutti. Il guaio è che questo consenso, identitario ma probabilmente non maggioritario nemmeno a sinistra, non basta per sfondare  (ammesso che sia possibile) il muro delle auto e andare verso una città che si affidi molto di meno all'auto.

Si tratta quindi di uscire dal recinto della politica per portare alla causa ciclistica anche quelli che non sono appassionati di bici o che non hanno come bisogno primario la battaglia ecologica, ma che semplicemente trovano conveniente spostarsi in bici elettrica, possibilmente eleganti e non sudati. 

Occorre farci un pensiero

domenica 5 ottobre 2025

Quel pasticciaccio brutto di Via Panama

La parte del GRAB che passa per Via Panama è balzata al disonore di certa stampa per l'impatto dell'intervento sulla strada, e per il momento è diventata il simbolo della contesa per lo spazio cittadino tra automobilisti e ciclisti... in realtà entrambe le parti hanno, a mio parere, torto marcio e vediamo perchè.

Premetto che mio padre ha lavorato per anni a Via Panama, quindi la conosco e la frequento da molto prima che vi nascesse la ciclabile.  

Via Panama dalla leggenda alla realtà
Innanzitutto quando parliamo della pista di Via Panama parliamo di una ciclobimbi sul marciapiedi che collega il Parco Rabin alla chiesa di San Bellarmino (quello che ha perseguitato l'inventore della scienza moderna, Galileo Galilei, per Roma e per l'Italia un disonore che ci sia una chiesa dedicata a lui).

Il percorso non ha nessun merito ciclomobilistico perchè parte a metà di Via Panama, e se vieni dalla Salaria non la vedi nemmeno, e se la vedi e la prendi perdi una marea di tempo. Infatti per attraversare Piazza Ungheria invece di proseguire dritto al semaforo su strada passi sulla pista, devi fare un attraversamento due tempi che ti porta ad attraversare Viale Romania e Viale Parioli in due momenti distinti. Quindi dal punto di vista ciclomobilistico la pista di Via Panama ha valore negativo.

Una grande ciclobimbi
Ma appunto la pista fu concepita come una ciclobimbi per collegare in sicurezza Villa Ada a Villa Borghese lungo il percorso che segue l'Aniene partendo da Corso Sempione... quindi l'obiettivo era collegare a Villa Borghese e quindi a Piazza del Popolo, una parte notevole di Roma Nord-Est in maniera assolutamente sicura per portare le famiglie al centro nei giorni di festa e in particolare nelle domeniche ecologiche di allora, quando dalle 10 si fermavano le macchine al centro... il tutto attraversando Villa Ada dall'ingresso di ponte salario fino all'uscita del Parco Rabin, attraverso un'apertura nel muro di cinta della villa e una passerella di legno che da anni non è più percorribile.

Ma il percorso si è interrotto 
Stiamo parlando di un'epoca mitica nella quale la pista del Tevere era ancora di là da venire e quindi il massimo delle uscite per bambini era portarli al centro quando le macchine erano ferme.

Comunque sia da almeno dieci anni quell'itinerario ha smesso di esistere, con l'attivo contributo del II Municipio, che pur essendo nominalmente di sinistra, può tranquillamente contendersi la palma dell'anticiclismo con qualunque municipio di destra.

Infatti prima lo scivolo che collega Via panama al Parco rabin è andato in rovina, per essere poi definitivamente distrutto da un albero crollato in una delle tante tempeste di vento che abbiamo avuto.
Inoltre un pezzo fondamentale del collegamento, Viale del Giardino Zoologico è stato riaperto al traffico attivo proprio nei giorni di festa (adesso mi sembra in permanenza) a senso unico verso i parioli, senza uno straccio di corsia ciclabile per poterlo percorrere in direzione del Bioparco. Un'autentica porcata contro la comunità ciclistica, in particolare a danno dei bambini che accedono con le loro bici a Villa Borghese.

Arriva il GRAB e cambia tutto (tranne le cose sbagliate)
La triste vicenda della ciclobimbi di Via Panama prende un'altra piega con l'arrivo del GRAB. Infatti a grande sorpresa di tutti nasce, sempre da metà della strada, s'intende, una specie di autostrada ciclabile che affianca la ciclabile del marciapiede e addirittura si allarga con un altro metro (a occhio e croce) di cordolo fino alla mezzeria stradale o giù di lì.

I residenti, membri influenti di quel secondo municipio anticiclistico, forti dell'appoggio dei giornalisti infastiditi dalle ciclabili, montano un bel casino temendo di dover rinunciare alla metà dei parcheggi attualmente disponibili.

In effetti non si capisce il perchè sacrificare parcheggi per una ciclobimbi  di nessuna utilità ciclomobilistica e soprattutto il bisogno di fare un'autorstrada ciclistica quando la sua origine (collegamento tra Villa Ada e Parco Rabin) e la sua continuazione (Via del Giardino Zoologico) rimangono inciclabili. Non sarebbe stato meglio tenersi la vecchia pista e utilizzare le risorse per ripristinare la continuità del percorso in via prioritaria?

Conclusioni (amare)
 La questione di Via Panama è diventato un pasticciaccio brutto a causa dello scontro di massimalismi e rigidità ambo le parti.

I residenti secondo me non hanno avuto grandi torti. hanno segnalato la criticità e hanno strillato un po' forte, il loro grido prontamente raccolto da una stampa che ha prontamente abbandonato la vulgata ambientalista quando ha cominciato a vedere ciclabilizzate le proprie strade e  i propri parcheggi  (un po' come era avvenuto ad un quotidiana romano quando avevano cominciato a fare le multe agli scooter dei giornalisti parcheggiati sulla corsia preferenziale sotto il giornale).

Il GRAB è un'opera finanziata dal PNRR e quindi deve "chiudere" entro tempi rigidi. Pertanto vengono fatte le opere che devono essere realizzate per prime... dopodichè si penserà al resto, e dell'efficacia ciclistica alla fine gliene importa ben poco.

Però è ribadita la circostanza che se si vogliono fare bene le cose ciclistiche si deve lavorare con il cesello e non col martello pneumatico, in particolar modo in una città come Roma che ha problemi reali di parcheggio e di accettazione della mobilità alternativa.

Tante opere che si stanno facendo hanno valore ciclomobilistico pari a zero, se non negativo, e soddisfano solo chi le costruisce e chi si bea dello spazio sottratto alle automobili a prescindere.

I motivi che hanno reso inutile la ciclobimbi di Via Panama permangono, malgrado i lavori. Anzi, ancora più grave, anche dopo un anno abbondante di lavori a Villa Ada, la passerella ciclistica per collegare la Villa al Parco Rabin  ancora non si vede.