domenica 5 ottobre 2025

Quel pasticciaccio brutto di Via Panama

La parte del GRAB che passa per Via Panama è balzata al disonore di certa stampa per l'impatto dell'intervento sulla strada, e per il momento è diventata il simbolo della contesa per lo spazio cittadino tra automobilisti e ciclisti... in realtà entrambe le parti hanno, a mio parere, torto marcio e vediamo perchè.

Premetto che mio padre ha lavorato per anni a Via Panama, quindi la conosco e la frequento da molto prima che vi nascesse la ciclabile.  

Via Panama dalla leggenda alla realtà
Innanzitutto quando parliamo della pista di Via Panama parliamo di una ciclobimbi sul marciapiedi che collega il Parco Rabin alla chiesa di San Bellarmino (quello che ha perseguitato l'inventore della scienza moderna, Galileo Galilei, per Roma e per l'Italia un disonore che ci sia una chiesa dedicata a lui).

Il percorso non ha nessun merito ciclomobilistico perchè parte a metà di Via Panama, e se vieni dalla Salaria non la vedi nemmeno, e se la vedi e la prendi perdi una marea di tempo. Infatti per attraversare Piazza Ungheria invece di proseguire dritto al semaforo su strada passi sulla pista, devi fare un attraversamento due tempi che ti porta ad attraversare Viale Romania e Viale Parioli in due momenti distinti. Quindi dal punto di vista ciclomobilistico la pista di Via Panama ha valore negativo.

Una grande ciclobimbi
Ma appunto la pista fu concepita come una ciclobimbi per collegare in sicurezza Villa Ada a Villa Borghese lungo il percorso che segue l'Aniene partendo da Corso Sempione... quindi l'obiettivo era collegare a Villa Borghese e quindi a Piazza del Popolo, una parte notevole di Roma Nord-Est in maniera assolutamente sicura per portare le famiglie al centro nei giorni di festa e in particolare nelle domeniche ecologiche di allora, quando dalle 10 si fermavano le macchine al centro... il tutto attraversando Villa Ada dall'ingresso di ponte salario fino all'uscita del Parco Rabin, attraverso un'apertura nel muro di cinta della villa e una passerella di legno che da anni non è più percorribile.

Ma il percorso si è interrotto 
Stiamo parlando di un'epoca mitica nella quale la pista del Tevere era ancora di là da venire e quindi il massimo delle uscite per bambini era portarli al centro quando le macchine erano ferme.

Comunque sia da almeno dieci anni quell'itinerario ha smesso di esistere, con l'attivo contributo del II Municipio, che pur essendo nominalmente di sinistra, può tranquillamente contendersi la palma dell'anticiclismo con qualunque municipio di destra.

Infatti prima lo scivolo che collega Via panama al Parco rabin è andato in rovina, per essere poi definitivamente distrutto da un albero crollato in una delle tante tempeste di vento che abbiamo avuto.
Inoltre un pezzo fondamentale del collegamento, Viale del Giardino Zoologico è stato riaperto al traffico attivo proprio nei giorni di festa (adesso mi sembra in permanenza) a senso unico verso i parioli, senza uno straccio di corsia ciclabile per poterlo percorrere in direzione del Bioparco. Un'autentica porcata contro la comunità ciclistica, in particolare a danno dei bambini che accedono con le loro bici a Villa Borghese.

Arriva il GRAB e cambia tutto (tranne le cose sbagliate)
La triste vicenda della ciclobimbi di Via Panama prende un'altra piega con l'arrivo del GRAB. Infatti a grande sorpresa di tutti nasce, sempre da metà della strada, s'intende, una specie di autostrada ciclabile che affianca la ciclabile del marciapiede e addirittura si allarga con un altro metro (a occhio e croce) di cordolo fino alla mezzeria stradale o giù di lì.

I residenti, membri influenti di quel secondo municipio anticiclistico, forti dell'appoggio dei giornalisti infastiditi dalle ciclabili, montano un bel casino temendo di dover rinunciare alla metà dei parcheggi attualmente disponibili.

In effetti non si capisce il perchè sacrificare parcheggi per una ciclobimbi  di nessuna utilità ciclomobilistica e soprattutto il bisogno di fare un'autorstrada ciclistica quando la sua origine (collegamento tra Villa Ada e Parco Rabin) e la sua continuazione (Via del Giardino Zoologico) rimangono inciclabili. Non sarebbe stato meglio tenersi la vecchia pista e utilizzare le risorse per ripristinare la continuità del percorso in via prioritaria?

Conclusioni (amare)
 La questione di Via Panama è diventato un pasticciaccio brutto a causa dello scontro di massimalismi e rigidità ambo le parti.

I residenti secondo me non hanno avuto grandi torti. hanno segnalato la criticità e hanno strillato un po' forte, il loro grido prontamente raccolto da una stampa che ha prontamente abbandonato la vulgata ambientalista quando ha cominciato a vedere ciclabilizzate le proprie strade e  i propri parcheggi  (un po' come era avvenuto ad un quotidiana romano quando avevano cominciato a fare le multe agli scooter dei giornalisti parcheggiati sulla corsia preferenziale sotto il giornale).

Il GRAB è un'opera finanziata dal PNRR e quindi deve "chiudere" entro tempi rigidi. Pertanto vengono fatte le opere che devono essere realizzate per prime... dopodichè si penserà al resto, e dell'efficacia ciclistica alla fine gliene importa ben poco.

Però è ribadita la circostanza che se si vogliono fare bene le cose ciclistiche si deve lavorare con il cesello e non col martello pneumatico, in particolar modo in una città come Roma che ha problemi reali di parcheggio e di accettazione della mobilità alternativa.

Tante opere che si stanno facendo hanno valore ciclomobilistico pari a zero, se non negativo, e soddisfano solo chi le costruisce e chi si bea dello spazio sottratto alle automobili a prescindere.

I motivi che hanno reso inutile la ciclobimbi di Via Panama permangono, malgrado i lavori. Anzi, ancora più grave, anche dopo un anno abbondante di lavori a Villa Ada, la passerella ciclistica per collegare la Villa al Parco Rabin  ancora non si vede.



domenica 20 luglio 2025

Piste motociclabili? Ci sono troppe bici elettriche truccate in giro per Roma. Bisogna fermarle prima che sia troppo tardi

Sono entusisticamente a favore delle biciclette elettriche a pedalata assistita perchè hanno smontato i principali tabù (fatica di pedalare, timore di sudare, andare piano) che tanto spaventano i Romani che si vorrebbero accostare alle due ruote ecologiche.

E infatti le piste ciclabili dei giorni lavorativi vedono ormai


una netta maggioranza di biciclette a pedalata assistita di varie forme e modelli, a cominciare dalle fat bike (che capisco, però non mi stanno per niente simpatiche) per finire alle pieghevoli ruota 16.

In questo eden di batterie si sta però infilando un brutto serpente, le ebike truccate. 

Già qualche anno fa assistetti ad una serata dimostrativa, serata estiva in uno stabilimento a nord di Terracina,  di un venditore di fatbike che, decantate le caratteristiche legali del prodotto, poi ti diceva piano piano che all'acquisto  avrebbe provveduto a rimuovere il blocco dei 25 km/h, in modo da poter raggiungere velocità motorinistiche. 

Ovviamente alla proposta avevo urlato Vade Retro Satana  tenendo riparandomi dietro gli indici a mo' di croce, ma temo che l'esorcismo non sia bastato.

A Roma stanno invece dilagando le bici che non necessitano di pedalare ma, simili ai ciclomotori termici della nostra giovinezza, rispondono direttamente ad un comando sul manubrio, simile a quello delle moto. Sono ormai diffusissime tra i rider professionisti, direi la regola, ma si stanno sempre di più infiltrando anche nelle piste ciclabili. 

In particolare vedo sempre di più minuscole bici elettriche, ruota 16 (o meno?) fatte per la taglia asiatica piccola, che in pratica non danno possibilita' di pedalare, e che quindi sono guidate con l'acceleratore come una normale moto. Però sono piccole e vanno piano.  Gli avvistamenti sono ormai quotidiani, in netto aumento negli ultimi due mesi.

E' un guaio vero? Secondo me sì, perchè se salta il tabù della pedalata assistita salterà anche quello della velocità limite, e ci troveremmo vere e proprie moto elettriche sulle piste e negli altri luoghi normalmente riservati alle biciclette, tipo i parchi.

Non più di una settimana fa mi sono imbattuto in un trio di pensionati (almeno dall'età apparente) in sella a quella nuova sciagura che sono la riproduzione di motociclette leggere però con la pedalata assistita. Ovviamente per peso del mezzo, posizione di pedalata e dimensione dei pneumatici, i pedali servono solo a stimolare il motore, ma anche queste erano state truccate per ripondere all'acceleratore a mano.

Per un'irruzione a scopo chiaramente pavoneggiatorio in un parco pieno di bambini non va bene e puo' essere foriero di prospettive inquietanti... finiremo per vedere infinite  riproduzioni di Harley Davidson a pedalata assistita a Villa Borghese?

Insomma, occorre che i vigili comincino a fare qualcosa, altrimenti rischiamo di trovarci come negli anni '70, dove a Roma era di fatto consentito andare in due sul motorino, senza considerare che in caso di incidente il padrone del motorino si sarebbe giocato la casa per il risarcimento non coperto dall'assicurazione... così le piste ciclabili potrebbero trasformarsi in piste motociclabili, con conseguente aumento della pericolosità.



A  

domenica 20 aprile 2025

Sparamoce er giubbileo de li ciclisti

La settimana di Pasqua ci ha ortato due buone notizie ciclistiche: il completamento del primo tratto del GRAB e l'apertura della pista ciclabile che, utilizzando la vecchia ferrovia per Viterbo, ha unito la pista di Monte Ciocci con la Stazione San Pietro. In sovrappiù è arrivata la notizia della tanto sospirata riapertura della pista del Tevere, essendo stata finalmente spostata dalla pista del Tevere l'arcata del vecchio Ponte dell'Industria da sottoporre a ristrutturazione... insomma un vero giubbileo!

Per una serie di motivi non sono ancora riuscito a pedalare queste entusiasmanti novità, spero di farlo in questi giorni di attivita'  lavorativa ridotta. 

Tralasciando  quella del Tevere, perchè ben conosciuta,  le altre due sono piste molto attese dalla comunità ciclistica romana.

I primi 300 metri del GRAB
Questo primo lotto del GRAB consiste in soli 300 metri, ma risolve un problema non da poco, ovvero l percorrenza di Via di San Gregorio sui sampietrini, una vera  tortura e, almeno sulla carta, dovrebbe consentire di evitare le torme di turisti sul marciapiedi. 

Inoltre, cosa notata da pochi, unisce la pista dell'Aventino con il Colosseo, completandola e forse permettendo un più agile attraversamento ciclistico dello spiazzo antistante per chi viene dai Fori Imperiali...

Certo, la pista è segnaletica orizzontale sullo stesso marciapiedi percorso dai turisti, quindi immagino che ci saranno un bel po' di invasioni di campo... ma staremo a vedere. 

Vedremo poi cosa ci regalera' il GRAB, ma per adesso la cosa sta andando bene, a parte la svista capitale dello scivolo di raccordo fatto dalla parte dei pedoni e non dei ciclisti, prontamente corretto con un'orrenda rampetta d'asfalto.

Monte Ciocci - Stazione San pietro
I 1500 metri della pista Monte-Ciocci/Stazione San Pietro sono invece molto di piu', in quanto completano l'itinerario che permette di arrivare fino all'Ospedale san Filippo Neri, e di li' all'imbocco del tratto della Via Francigena  che si addentra nell'insugherata per poi proseguire verso Formello. Abbiamo quindi una nuova e spettacolare uscita ciclabile da Roma, partendo ancora una volta -praticamente - dal Lungotevere.

Per una volta anche l'aspetto ciclomobilistico e' di grandissimo rilievo. Infatti con la sua saldatura senza soluzioni di continuita' con il centro di Roma, tutta la zona di Monte Mario e' ciclicamente connessa con il centro di Roma in maniera  rapida e sicura.

C'e' quindi da aspettarsi che l'incremento di traffico ciclistico vada ben oltre la componente turistica, che comunque non sara' poca, ma si estenda a bici e monopattini usati per spostamenti cittadini.

...e altre sconvolgenti novità (sconosciute ai più) arriveranno!


venerdì 14 marzo 2025

La Resina si era appena seccata...

Sulla ciclabile Nomentata sono i corso lavori di ammodernamento della rete elettrica.

Certo, se tutti vogliamo pompe di calore, cucine a induzione, condizionatori, macchine elettriche ricaricabili in garage, da qualche parte l'energia dovra' arrivare.

Cosi' terminate gli interminabili lavori alla rete del gas che hanno preso gran parte dello scorso decennio, con continui spaccamenti del manto stradale, dopo i lavori per la fibra, adesso si ricomincera' con la rete elettrica.

Però certo... farlo con la resina rosa ancora fresca grida veramente vendetta.

Mi chiedo se e come vengano coordinati i lavori stradali al comune di Roma...

sabato 1 marzo 2025

Bologna Zona 30, Roma Zona 50 (magari)

Evidentemente a Bologna stanno meglio di noi e stanno lottando per la Zona 30.

A Roma l'obiettivo Zona 30 non appare maturo, anzi... sembra una chimera anche l'obiettivo del rispetto dell'attuale limite, quello dei 50 all'ora. 

Non so quale sia la vostra esperienza, ma a Roma la velocità è limitata esclusivamente dalla presenza di altro traffico motorizzato. Come le strade si sgombrano, per esempio dalla sera dopo le nove fino alle 7 di mattina, si passa a velocità autostradali.

Questo fenomeno accade anche durante il giorno fuori dalle ore di punta. La velocità automobilistica riconosciuta per tutti gli stradoni di Roma è di 70 all'ora. Se cerchi di andare a 50 crei la fila dietro a te e ritardi la marcia dei mezzi pubblici (anche loro sopra i 50).

Ci sono poi motociclisti e scooteristi, che pensano che i limiti di velocità non li riguardino. Infatti pensano che andando veloci rischino "in proprio", ma questo non e' vero se pensiamo a ciclisti e pedoni, e difatti gli investimenti di pedoni da moto e scooter succedono abbastanza spesso. Anche qui sarebbe utile una statistica.

Ci sono poi gli sprintaroli, quelli che non gestiscono la rabbia e non appena hanno un po' di spazio davanti a loro raggiungono super velocità e ti sorpassano facendoti il pelo, per poi fermarsi all'incrocio successivo. Tu li raggiungi, li superi, e tutto ricomincia da capo.

Infine una sottocategoria degli sprintaroli sono gli sprintalori gialli, ovvero quelli che sprintano per prendere il giallo del semaforo. Non meno pericolosi degli altri sprintaroli a causa dell'improvvisazione.

I frutti avvelenati di questi eccessi sono sulla cronaca di tutti i giorni, almeno sappiamo di quello che è talmente grave da arrivarci. Mi pare che nei primi due mesi dell'anno abbiamo totalizzato 9 pedoni morti, non è facile capire quale percentuale di investimenti sulle strisce. 

Sarebbe invece interessante sapere la velocità dell'investimento (da quello che ho capito le lesioni subite permettono di farlo anche in assenza di scatola nera) la velocità prima della frenata (se c'e' stata) e tutti questi dati per capire dove si trovi esattamente il problema... e se una soluzione è possibile.

In realtà la causa principale di questi eccessi di velocità è la fretta con la quale tutti ci muoviamo a Roma, detta anche frettomobilità. In pratica anche i guidatori più calmi vengono presi dall'ansia di non arrivare in tempo e cercano di avvantaggiarsi spingendo sull'acceleratore... 

Nonchè la certezza dell'impunità, che però dura solo fino all'incidente, poi sono guai molto seri (almeno di legge, se non di coscienza).

La risposta in generale esiste e si chiama autovelox, che dovrebbe essere integrato in ogni semaforo, col quale prenderesti anche gli sprintaroli gialli. Dopodichè sarebbe utile qualche installazione rompitratta sugli stradoni.

Alla fine... a Roma dobbiamo combattere per imporre i 50 all'ora poi, e solo poi, avrà senso parlare di estendere la zona 30 anche a zone non specificamente progettate per questo.

Però non facciamoci illusioni. Anche a dispetto di tutte le possibili evidenze sui benefici di moderare la velocità in città, farlo a colpi di autovelox viene vissuto come un'insopportabile violenza anche da chi normalmente viaggia a velocità "moderate", magari non supera i 70.

Però che succede? per salvare dalla multa quelli che vanno a 57 si lasciano tranquilli quelli che vanno abitualmente anche a 90 (o piu') con tutti gli incidenti che provocano o che non riescono ad evitare... 

venerdì 14 febbraio 2025

L'incomprensibile fascinazione dei ciclisti romani per il tram (Con PSF, ovvero Pippone Salvaciclistico Finale)

Da un po' di tempo tra le tante cose incomprensibili che compaiono su salvaciclisti Roma, vi sono post a favore del tram e, nemmeno tanto raramente, prese di posizione a favore del tram contro la metro C.

Ora, avendo passato metà della mia vita affacciato sulla Prenestina, del tram romano dagli anni 70 in poi conosco vita, morte e miracoli. 

Addirittura mi ricordo di una volta che il mio caro nonno materno mi portò sul rimorchio del 12 o del 14, rimorchio che lui preferiva perchè d'estate era sfinestrato e vi si poteva fumare, però diceva che i tram con il rimorchio erano estremamente lenti. 

Incredibile ma conservo il ricordo dei binari visti da Largo Telese, guardando verso Largo Preneste, proprio da uno di questi rimorchi.

E il tram, o meglio la sua proverbiale micidiale lentezza, è stato proprio uno dei motivi che mi ha sempre spinto ad usare altri mezzi, ciclomotore, vespone, moto e infine, di questi tempi, la bicicletta.

Eh sì perchè, al di là dei benefici che possono portare le tramvie e che non contesto assolutamente, la loro esecuzione romana è sempre stata tragica, come del resto quelle del "tramvetto" sulla Casilina e della Roma Fiuggi... un servizio per far contenta l'ATAC e i suoi estimatori che lasciava ben poco alla qualità del servizio.

Lenti, fatiscenti e prigionieri del traffico o, se in sede propria, degli incroci e delle fermate ravvicinate, rumorosi dentro e ancora più fuori, l'ATAC non ha mai guardato alla qualità del servizio offerto all'utenza, ma alle proprie variabili, a cominciare dalla produttività del mezzo.

Infatti per una ragione o l'altra i tram a Roma sono sempre stati estremamente lenti, con l'eccezione di quelli acquistati per Italia 90, credo siano i Socimi, corti e compatti che andavano molto veloci fino ad accodarsi a quelli più lenti che li precedevano.

Insomma per dire che se abitavi in periferia il tram dell'ATAC ti faceva sentire ancora più distante dal centro. Era sicuramente un po' meglio dell'autobus (blocchi della linea a parte) ma non si avvicinava nemmeno lontanamente alla velocità della metropolitana. 

Adesso ci stanno riproponendo il tram in tutte le salse, a cominciare dal TVA al centro, ma il problema non è risolto: non è assolutamente gratis e, a differenza del bus, continua a richiedere investimenti non secondari, ad essere lento e ad essere prigioniero del traffico e degli incroci. Non sostituisce la rete di metropolitane che manca a Roma. 

Troppo lento, con poca capacità, non è in grado di far convertire gli automobilisti alla macchina. 

Anche perchè l'ATAC continua a comprare tram che sembrano treni, che però vanno piano, laddove servirebbe agilità e  buona accelerazione e buona frenata prima e dopo ogni fermata. 

L'incomprensibile sostegno dei ciclisti
La cosa che poi stupisce, in quanto palesemente irrazionale, è il sostegno dato da una fetta non secondaria  di ciclisti all'introduzione di nuove linee di tram, anche contro la realizzazione della metropolitana, come avvenuto all'epoca della giunta Raggi (vabbè, ma quegli anni sono stati il trionfo dell'irrazionalità dell'uno vale uno).

E poi, stupore nello stupore, che proprio #salvaciclisti, che dovrebbe in primis occuparsi della sicurezza di chi va in bicicletta, sponsorizzi un mezzo che se ha un difetto, è proprio mettere a rischio la salvezza dei ciclisti.

Le rotaie sono un rischio enorme per le biciclette
Che tu vada in moto, in scooter, bicicletta o monopattino, le rotaie del tram sono un rischio concreto e sempre presente. Limitano la traiettoria che puoi scegliere e costituiscono un ulteriore vincolo, invisibile agli automobilisti, nella scelta delle traiettorie. Se ti sbagli sei morto, se ti forzano contro una rotaia sei morto. La bicicletta soffre questo problema molto più degli altri mezzi a due ruote.

Infatti le gomme di ridotte dimensioni sembrano fatte apposta per essere catturate dalle rotaie, così come la bassa velocità ti costringe su traiettorie non ottimali perchè se sempre sotto costante sorpasso dagli altri mezzi.

Inoltre a Roma la scarsa manutenzione fa sì che al rischio rotaia si aggiunga il rischio del pessimo stato dell'asfalto intorno e tra le rotaie.

Il tram sottrae spazio non solo alle auto, ma anche alle biciclette
Molti vedono nel tram una funzione anti auto perchè le rotaie e la necessaria corsia preferenziale limitano fortemente l'uso dell'auto.

A parte che io rifuggo da questo tipo di ragionamenti, in particolare sostenendo in maniera netta la guerra al solo abuso dell'auto, pensiamo seriamente che dopo aver fatto passare il tram da Via Nazionale lo spazio residuo lo diano alle biciclette? 

Non è successo per tutti i tram romani e forse succederà per la prima volta per il tram di Togliatti sperando che tengano fede al mantenimento della pista ciclabile. Di certo non succede nei tratti su strada, vedi Viale regina Margherita e tutto il tragitto di 19, 30 e 8.

Le corsie tramviarie sono poco ciclabili
Mentre in tutta Europa le corsie preferenziali dei mezzi gommati sono aperte alle bici, quelle tramviarie mai. Innanzitutto perchè il sistema tram è rigido e non consente di superare i ciclisti deviando dalla propria traccia.  

Poi chi si trova a percorrere le preferenziali tramviarie sa che deve stare attentissimo alle rotaie, ulteriore elemento di pericolo. Quindi nisbah...

Il tram e' locale, proprio come la bicicletta. La metro è a grande raggio.
Chi gira con una pieghevole sa bene che puo' attraversare Roma in metro e poi usare la bici localmente.

Il tram è troppo lento per questo. E' solo marginalmente più veloce della bicicletta e quindi mentre l'accoppiata bici + metro puo' essere migliore dell'auto, l'accoppiata tram + bici rimane sostanzialmente tram.

E infine... PSF, Pippone Salvaciclistico Finale
Insomma mi pare di aver mostrato gli elementi che dovrebbero rendere i ciclisti romani molto sospettosi nei confronti dell'espansione della rete tramviaria, e specialmente un safety case che non viene -secondo me- adeguatamente considerato e sviluppato.

A Milano ci fu un morto, un povero giovane che prese una sportellata da una macchina in sosta (vietata) vicino ai binari del tram  e finì sotto la vettura che vi passava in quel momento. Una fine orribile, ma probabilmente inevitabile considerata la scarsa frenata del tram e l'impossibilità di variarne la traiettoria. Con questo non voglio attribuire la responsabilità dell'esito dell'incidente (sportellata e conseguente caduta) al tram, ma se si vuol diminuire il rischio-tram occorre diminuire la probabilità degli incidenti impedendo in maniera rigida -per esempio- la sosta vietata vicino alle rotaie.

In ogni caso ritengo un pesante errore da parte dei ciclisti caldeggiare l'espansione della rete tramviaria al posto di quella della metro. E uno dei drammi italiani è che i cattivi sono molto razionali, mentre i buoni tendono al massimalismo ideologico, per cui alla fine non danno alcun affidamento.

Ovviamente chissenefrega dell'opinione di noi ciclisti a fronte di un forte business case, che però non ci viene mai mostrato. 

Ma soprattutto non mi sembra che ci sia veramente coscienza che senza un mezzo più veloce della macchina, appunto ,metro  treno, il traffico diminuirà solo nella misura nella quale la gente non potrà permettersi un'auto, cosa che non è da augurarsi, ma che sembra piuttosto probabile. 

mercoledì 29 gennaio 2025

Vasi di carne tra i vasi di ferro

La triste notizia della morte di un'altra ragazza in allenamento mi ha intristito. Tra l'altro, l'investimento frontale da parte di un automobilista in sorpasso sembra una cosa veramente assurda. Eppure è una situazione nella quale anche io mi sono trovato, dalla parte del ciclista, e sono scampato per un pelo. Quindi è una cosa che accade con una certa frequenza e sarebbe interessante capire quante volte succede.

Ovviamente ci sono stati molti post che hanno esternato tutte le reazioni possibili in questi casi... rabbia, dolore, apprensione e la giustificata paura di tutti noi ciclisti... che prima o poi capiti anche a noi un grosso incidente.

Ebbene, però tutti continuiamo a pedalare, magari perchè non crediamo nella sfortuna, e alla fine passata una settimana o due, sarà come se nulla fosse successo. E nemmeno questo va bene, perchè rimaniamo vasi di carne tra vasi di ferro.

Sulle due ruote siamo vasi di carne
La prima decisione "contro la sicurezza" la prendiamo quando scegliamo di andare su due ruote in un mondo di tram, camion, furgoni e automobili. 

Chi viaggia in sella, moto, monopattino o bici non fa così tanta differenza, sceglie di correre molti più rischi di un che viaggia protetto da un abitacolo sorretto da quattro ruote. 

Chi viaggia su due ruote è esposto alle cadute, siano esse per colpa o disgrazia. Chi non è protetto da un abitacolo è esposto agli urti. 

Amen. 

E' così e niente può cambiare questa realtà, bere o affogare. Quindi anche il nostro approccio alla sicurezza deve partire da queste considerazioni.

La misura della sicurezza è la minimizzazione del rischio
I miei colleghi inglesi orgogliosamente dicevano safety means no accident. 

Una bellissima frase, del tipo  uno vale uno...  ovviamente uno non vale uno, e l'esperienza  ci insegna che non c'e' niente che possa azzerare gli incidenti che possono accadere nel fare una qualsiasi attività, tranne l'azzerare l'attività stessa. 

Quindi si è passati alla definizione di sicurezza basata sui grandi numeri e intesa come minimizzazione del rischio di incidente. 

Il rischio è la combinazione delle conseguenze di un evento negativo e della sua probabilità di accadimento. 

Quindi per ridurre un rischio si puo' agire preventivamente sulla probabilità che l'evento succeda o a valle dell'incidente per mitigarne le conseguenze. Per esempio aumentare la propria visibilità consente di diminuire la probabilità di un urto, laddove il casco dovrebbe servire a mitigarne le conseguenze negative.

L'accettabilità del rischio è un fatto personale (e sociale)
Come accennato al primo punto, le due ruote hanno indici di rischio molto più alti di quelli delle auto. 

Una volta fatte le piste ciclabili rimangono gli incroci, messi i semafori ci sono quelli che passano con il rosso perchè si sbagliano, fai i  sottopassi e hai altri problemi... qualunque cosa tu faccia alla fine si tratta di accettarne il rischio residuo, come facciamo quando entriamo nella vasca da bagno sapendo che ci sono un sacco di morti dovuti a incidenti nei bagni... diciamo che in genere non pensiamo che possa accadere a noi, pensiamo di poter comunque controllare la situazione.

Di contro le nostre società lavorano alacremente per  ridurre i rischi, in genere con le famigerate "messe a norma" delle apparecchiature, degli impianti, degli edifici, dei veicoli.

Pensiamo solo che la tanto decantata 127 che costava solo 9,5 milioni di lire negli anni 70, di serie non aveva ne' cinture di sicurezza ne' poggiatesta... ne e' passata di acqua sotto i ponti. 

Il fattore umano è la vera sorgente del rischio
In realtà il fattore umano (=errori, distrazioni o comportamenti intenzionalmente inappropriati) rimane la principale sorgente del rischio, perchè errori e distrazioni sono sempre in agguato. Come si dice in alcuni sacri testi sulle professioni a impatto di sicurezza... nessuno dice "adesso sbaglio", e anche chi cerca di applicare tutte le norme e tenere comportamenti corretti certe volte si sbaglia. L'analisi dell'errore (il "fattore umano") desta sempre infinita meraviglia, a posteriori, e rammarico in chi li ha commessi, sempre che sopravviva. Figuriamoci poi chi il problema non se lo pone proprio.

Tornando a noi
Tornando a noi, l'incidente che ha falciato la giovane vita della povera ciclista non sarebbe stato sopravvivibile nemmeno ad uno in moto, o su di un'altra macchina, e forse nemmeno ad un camionista. Quindi occorrerebbe capire cosa passava nella testa della persona che ha tentato quel maledetto sorpasso, se non altro per distinguere fattori personali, culturali, fisici e vedere eventuali elementi comuni con altre sitauzioni. 

E' soprattutto molto importante intervenire sull'ambiente culturale, ammesso che c'entri, per esempio  spiegando che non c'e' niente di disonorevole nell'andare piano o stare in fila, cosa che regge fino a quando non rischi di perdere l'aereo o di far tardi al lavoro.  In questi ultimi casi ci vuole sorveglianza stradle, ma molto pervasiva per depennare dai patentati chi si comporta a quel modo prima che provochi un incidente.

Come possiamo vedere, anche volendo ci vuole almeno un decennio per riportare all'ordine almeno una generazione e mezzo di automobilisti che guidano mezzi sempre più scattanti...  Anche volendo.

Però qualcosa si può fare già da subito. E la possiamo fare noi.
Non sono nemmeno d'accordo con chi dice che bisogna agire solo sugli automobilisti. 

La pelle è la nostra e, senza patemi d'animo, possiamo prendere qualche sana precauzione, magari guardando chi sta più avanti di noi.

Per esempio sono almeno trent'anni che ogni motociclista sa che deve girare con il faro sempre acceso, anche di giorno. Senno' le macchine non ti vedono arrivare.

Mi pare che adesso sia diventato obbligatorio, tanto è vero che si accende al primo scatto della chiave. avere il faro acceso fa vedere prima e meglio una figura che è molto più piccola di quella di un'altra auto.

Questa strategia era non applicabile in bicicletta fino a qualche anno fa.

 Adesso tra batterie sempre migliori e led ad alte prestazioni, anche chi va in bici ha la possibilità di farsi notare da distante.

Sentivo un collega che si allenava varie ore al giorno che diceva che le squadre dovrebbero adottare le luci sempre accese come standard di allenamento. 

Ovviamente la paura è che a qualcuno venga in mente di renderle obbligatorie invece di agire sugli automobilisti. 

Ragionamento giustissimo, però dal nostro punto di vista noi non possiamo controllare cosa fanno gli automobilisti, ma farci vedere da più lontano lo possiamo fare,  e questo può contribuire a salvare un po' di vite.