venerdì 14 marzo 2025

La Resina si era appena seccata...

Sulla ciclabile Nomentata sono i corso lavori di ammodernamento della rete elettrica.

Certo, se tutti vogliamo pompe di calore, cucine a induzione, condizionatori, macchine elettriche ricaricabili in garage, da qualche parte l'energia dovra' arrivare.

Cosi' terminate gli interminabili lavori alla rete del gas che hanno preso gran parte dello scorso decennio, con continui spaccamenti del manto stradale, dopo i lavori per la fibra, adesso si ricomincera' con la rete elettrica.

Però certo... farlo con la resina rosa ancora fresca grida veramente vendetta.

Mi chiedo se e come vengano coordinati i lavori stradali al comune di Roma...

sabato 1 marzo 2025

Bologna Zona 30, Roma Zona 50 (magari)

Evidentemente a Bologna stanno meglio di noi e stanno lottando per la Zona 30.

A Roma l'obiettivo Zona 30 non appare maturo, anzi... sembra una chimera anche l'obiettivo del rispetto dell'attuale limite, quello dei 50 all'ora. 

Non so quale sia la vostra esperienza, ma a Roma la velocità è limitata esclusivamente dalla presenza di altro traffico motorizzato. Come le strade si sgombrano, per esempio dalla sera dopo le nove fino alle 7 di mattina, si passa a velocità autostradali.

Questo fenomeno accade anche durante il giorno fuori dalle ore di punta. La velocità automobilistica riconosciuta per tutti gli stradoni di Roma è di 70 all'ora. Se cerchi di andare a 50 crei la fila dietro a te e ritardi la marcia dei mezzi pubblici (anche loro sopra i 50).

Ci sono poi motociclisti e scooteristi, che pensano che i limiti di velocità non li riguardino. Infatti pensano che andando veloci rischino "in proprio", ma questo non e' vero se pensiamo a ciclisti e pedoni, e difatti gli investimenti di pedoni da moto e scooter succedono abbastanza spesso. Anche qui sarebbe utile una statistica.

Ci sono poi gli sprintaroli, quelli che non gestiscono la rabbia e non appena hanno un po' di spazio davanti a loro raggiungono super velocità e ti sorpassano facendoti il pelo, per poi fermarsi all'incrocio successivo. Tu li raggiungi, li superi, e tutto ricomincia da capo.

Infine una sottocategoria degli sprintaroli sono gli sprintalori gialli, ovvero quelli che sprintano per prendere il giallo del semaforo. Non meno pericolosi degli altri sprintaroli a causa dell'improvvisazione.

I frutti avvelenati di questi eccessi sono sulla cronaca di tutti i giorni, almeno sappiamo di quello che è talmente grave da arrivarci. Mi pare che nei primi due mesi dell'anno abbiamo totalizzato 9 pedoni morti, non è facile capire quale percentuale di investimenti sulle strisce. 

Sarebbe invece interessante sapere la velocità dell'investimento (da quello che ho capito le lesioni subite permettono di farlo anche in assenza di scatola nera) la velocità prima della frenata (se c'e' stata) e tutti questi dati per capire dove si trovi esattamente il problema... e se una soluzione è possibile.

In realtà la causa principale di questi eccessi di velocità è la fretta con la quale tutti ci muoviamo a Roma, detta anche frettomobilità. In pratica anche i guidatori più calmi vengono presi dall'ansia di non arrivare in tempo e cercano di avvantaggiarsi spingendo sull'acceleratore... 

Nonchè la certezza dell'impunità, che però dura solo fino all'incidente, poi sono guai molto seri (almeno di legge, se non di coscienza).

La risposta in generale esiste e si chiama autovelox, che dovrebbe essere integrato in ogni semaforo, col quale prenderesti anche gli sprintaroli gialli. Dopodichè sarebbe utile qualche installazione rompitratta sugli stradoni.

Alla fine... a Roma dobbiamo combattere per imporre i 50 all'ora poi, e solo poi, avrà senso parlare di estendere la zona 30 anche a zone non specificamente progettate per questo.

Però non facciamoci illusioni. Anche a dispetto di tutte le possibili evidenze sui benefici di moderare la velocità in città, farlo a colpi di autovelox viene vissuto come un'insopportabile violenza anche da chi normalmente viaggia a velocità "moderate", magari non supera i 70.

Però che succede? per salvare dalla multa quelli che vanno a 57 si lasciano tranquilli quelli che vanno abitualmente anche a 90 (o piu') con tutti gli incidenti che provocano o che non riescono ad evitare... 

venerdì 14 febbraio 2025

L'incomprensibile fascinazione dei ciclisti romani per il tram (Con PSF, ovvero Pippone Salvaciclistico Finale)

Da un po' di tempo tra le tante cose incomprensibili che compaiono su salvaciclisti Roma, vi sono post a favore del tram e, nemmeno tanto raramente, prese di posizione a favore del tram contro la metro C.

Ora, avendo passato metà della mia vita affacciato sulla Prenestina, del tram romano dagli anni 70 in poi conosco vita, morte e miracoli. 

Addirittura mi ricordo di una volta che il mio caro nonno materno mi portò sul rimorchio del 12 o del 14, rimorchio che lui preferiva perchè d'estate era sfinestrato e vi si poteva fumare, però diceva che i tram con il rimorchio erano estremamente lenti. 

Incredibile ma conservo il ricordo dei binari visti da Largo Telese, guardando verso Largo Preneste, proprio da uno di questi rimorchi.

E il tram, o meglio la sua proverbiale micidiale lentezza, è stato proprio uno dei motivi che mi ha sempre spinto ad usare altri mezzi, ciclomotore, vespone, moto e infine, di questi tempi, la bicicletta.

Eh sì perchè, al di là dei benefici che possono portare le tramvie e che non contesto assolutamente, la loro esecuzione romana è sempre stata tragica, come del resto quelle del "tramvetto" sulla Casilina e della Roma Fiuggi... un servizio per far contenta l'ATAC e i suoi estimatori che lasciava ben poco alla qualità del servizio.

Lenti, fatiscenti e prigionieri del traffico o, se in sede propria, degli incroci e delle fermate ravvicinate, rumorosi dentro e ancora più fuori, l'ATAC non ha mai guardato alla qualità del servizio offerto all'utenza, ma alle proprie variabili, a cominciare dalla produttività del mezzo.

Infatti per una ragione o l'altra i tram a Roma sono sempre stati estremamente lenti, con l'eccezione di quelli acquistati per Italia 90, credo siano i Socimi, corti e compatti che andavano molto veloci fino ad accodarsi a quelli più lenti che li precedevano.

Insomma per dire che se abitavi in periferia il tram dell'ATAC ti faceva sentire ancora più distante dal centro. Era sicuramente un po' meglio dell'autobus (blocchi della linea a parte) ma non si avvicinava nemmeno lontanamente alla velocità della metropolitana. 

Adesso ci stanno riproponendo il tram in tutte le salse, a cominciare dal TVA al centro, ma il problema non è risolto: non è assolutamente gratis e, a differenza del bus, continua a richiedere investimenti non secondari, ad essere lento e ad essere prigioniero del traffico e degli incroci. Non sostituisce la rete di metropolitane che manca a Roma. 

Troppo lento, con poca capacità, non è in grado di far convertire gli automobilisti alla macchina. 

Anche perchè l'ATAC continua a comprare tram che sembrano treni, che però vanno piano, laddove servirebbe agilità e  buona accelerazione e buona frenata prima e dopo ogni fermata. 

L'incomprensibile sostegno dei ciclisti
La cosa che poi stupisce, in quanto palesemente irrazionale, è il sostegno dato da una fetta non secondaria  di ciclisti all'introduzione di nuove linee di tram, anche contro la realizzazione della metropolitana, come avvenuto all'epoca della giunta Raggi (vabbè, ma quegli anni sono stati il trionfo dell'irrazionalità dell'uno vale uno).

E poi, stupore nello stupore, che proprio #salvaciclisti, che dovrebbe in primis occuparsi della sicurezza di chi va in bicicletta, sponsorizzi un mezzo che se ha un difetto, è proprio mettere a rischio la salvezza dei ciclisti.

Le rotaie sono un rischio enorme per le biciclette
Che tu vada in moto, in scooter, bicicletta o monopattino, le rotaie del tram sono un rischio concreto e sempre presente. Limitano la traiettoria che puoi scegliere e costituiscono un ulteriore vincolo, invisibile agli automobilisti, nella scelta delle traiettorie. Se ti sbagli sei morto, se ti forzano contro una rotaia sei morto. La bicicletta soffre questo problema molto più degli altri mezzi a due ruote.

Infatti le gomme di ridotte dimensioni sembrano fatte apposta per essere catturate dalle rotaie, così come la bassa velocità ti costringe su traiettorie non ottimali perchè se sempre sotto costante sorpasso dagli altri mezzi.

Inoltre a Roma la scarsa manutenzione fa sì che al rischio rotaia si aggiunga il rischio del pessimo stato dell'asfalto intorno e tra le rotaie.

Il tram sottrae spazio non solo alle auto, ma anche alle biciclette
Molti vedono nel tram una funzione anti auto perchè le rotaie e la necessaria corsia preferenziale limitano fortemente l'uso dell'auto.

A parte che io rifuggo da questo tipo di ragionamenti, in particolare sostenendo in maniera netta la guerra al solo abuso dell'auto, pensiamo seriamente che dopo aver fatto passare il tram da Via Nazionale lo spazio residuo lo diano alle biciclette? 

Non è successo per tutti i tram romani e forse succederà per la prima volta per il tram di Togliatti sperando che tengano fede al mantenimento della pista ciclabile. Di certo non succede nei tratti su strada, vedi Viale regina Margherita e tutto il tragitto di 19, 30 e 8.

Le corsie tramviarie sono poco ciclabili
Mentre in tutta Europa le corsie preferenziali dei mezzi gommati sono aperte alle bici, quelle tramviarie mai. Innanzitutto perchè il sistema tram è rigido e non consente di superare i ciclisti deviando dalla propria traccia.  

Poi chi si trova a percorrere le preferenziali tramviarie sa che deve stare attentissimo alle rotaie, ulteriore elemento di pericolo. Quindi nisbah...

Il tram e' locale, proprio come la bicicletta. La metro è a grande raggio.
Chi gira con una pieghevole sa bene che puo' attraversare Roma in metro e poi usare la bici localmente.

Il tram è troppo lento per questo. E' solo marginalmente più veloce della bicicletta e quindi mentre l'accoppiata bici + metro puo' essere migliore dell'auto, l'accoppiata tram + bici rimane sostanzialmente tram.

E infine... PSF, Pippone Salvaciclistico Finale
Insomma mi pare di aver mostrato gli elementi che dovrebbero rendere i ciclisti romani molto sospettosi nei confronti dell'espansione della rete tramviaria, e specialmente un safety case che non viene -secondo me- adeguatamente considerato e sviluppato.

A Milano ci fu un morto, un povero giovane che prese una sportellata da una macchina in sosta (vietata) vicino ai binari del tram  e finì sotto la vettura che vi passava in quel momento. Una fine orribile, ma probabilmente inevitabile considerata la scarsa frenata del tram e l'impossibilità di variarne la traiettoria. Con questo non voglio attribuire la responsabilità dell'esito dell'incidente (sportellata e conseguente caduta) al tram, ma se si vuol diminuire il rischio-tram occorre diminuire la probabilità degli incidenti impedendo in maniera rigida -per esempio- la sosta vietata vicino alle rotaie.

In ogni caso ritengo un pesante errore da parte dei ciclisti caldeggiare l'espansione della rete tramviaria al posto di quella della metro. E uno dei drammi italiani è che i cattivi sono molto razionali, mentre i buoni tendono al massimalismo ideologico, per cui alla fine non danno alcun affidamento.

Ovviamente chissenefrega dell'opinione di noi ciclisti a fronte di un forte business case, che però non ci viene mai mostrato. 

Ma soprattutto non mi sembra che ci sia veramente coscienza che senza un mezzo più veloce della macchina, appunto ,metro  treno, il traffico diminuirà solo nella misura nella quale la gente non potrà permettersi un'auto, cosa che non è da augurarsi, ma che sembra piuttosto probabile. 

mercoledì 29 gennaio 2025

Vasi di carne tra i vasi di ferro

La triste notizia della morte di un'altra ragazza in allenamento mi ha intristito. Tra l'altro, l'investimento frontale da parte di un automobilista in sorpasso sembra una cosa veramente assurda. Eppure è una situazione nella quale anche io mi sono trovato, dalla parte del ciclista, e sono scampato per un pelo. Quindi è una cosa che accade con una certa frequenza e sarebbe interessante capire quante volte succede.

Ovviamente ci sono stati molti post che hanno esternato tutte le reazioni possibili in questi casi... rabbia, dolore, apprensione e la giustificata paura di tutti noi ciclisti... che prima o poi capiti anche a noi un grosso incidente.

Ebbene, però tutti continuiamo a pedalare, magari perchè non crediamo nella sfortuna, e alla fine passata una settimana o due, sarà come se nulla fosse successo. E nemmeno questo va bene, perchè rimaniamo vasi di carne tra vasi di ferro.

Sulle due ruote siamo vasi di carne
La prima decisione "contro la sicurezza" la prendiamo quando scegliamo di andare su due ruote in un mondo di tram, camion, furgoni e automobili. 

Chi viaggia in sella, moto, monopattino o bici non fa così tanta differenza, sceglie di correre molti più rischi di un che viaggia protetto da un abitacolo sorretto da quattro ruote. 

Chi viaggia su due ruote è esposto alle cadute, siano esse per colpa o disgrazia. Chi non è protetto da un abitacolo è esposto agli urti. 

Amen. 

E' così e niente può cambiare questa realtà, bere o affogare. Quindi anche il nostro approccio alla sicurezza deve partire da queste considerazioni.

La misura della sicurezza è la minimizzazione del rischio
I miei colleghi inglesi orgogliosamente dicevano safety means no accident. 

Una bellissima frase, del tipo  uno vale uno...  ovviamente uno non vale uno, e l'esperienza  ci insegna che non c'e' niente che possa azzerare gli incidenti che possono accadere nel fare una qualsiasi attività, tranne l'azzerare l'attività stessa. 

Quindi si è passati alla definizione di sicurezza basata sui grandi numeri e intesa come minimizzazione del rischio di incidente. 

Il rischio è la combinazione delle conseguenze di un evento negativo e della sua probabilità di accadimento. 

Quindi per ridurre un rischio si puo' agire preventivamente sulla probabilità che l'evento succeda o a valle dell'incidente per mitigarne le conseguenze. Per esempio aumentare la propria visibilità consente di diminuire la probabilità di un urto, laddove il casco dovrebbe servire a mitigarne le conseguenze negative.

L'accettabilità del rischio è un fatto personale (e sociale)
Come accennato al primo punto, le due ruote hanno indici di rischio molto più alti di quelli delle auto. 

Una volta fatte le piste ciclabili rimangono gli incroci, messi i semafori ci sono quelli che passano con il rosso perchè si sbagliano, fai i  sottopassi e hai altri problemi... qualunque cosa tu faccia alla fine si tratta di accettarne il rischio residuo, come facciamo quando entriamo nella vasca da bagno sapendo che ci sono un sacco di morti dovuti a incidenti nei bagni... diciamo che in genere non pensiamo che possa accadere a noi, pensiamo di poter comunque controllare la situazione.

Di contro le nostre società lavorano alacremente per  ridurre i rischi, in genere con le famigerate "messe a norma" delle apparecchiature, degli impianti, degli edifici, dei veicoli.

Pensiamo solo che la tanto decantata 127 che costava solo 9,5 milioni di lire negli anni 70, di serie non aveva ne' cinture di sicurezza ne' poggiatesta... ne e' passata di acqua sotto i ponti. 

Il fattore umano è la vera sorgente del rischio
In realtà il fattore umano (=errori, distrazioni o comportamenti intenzionalmente inappropriati) rimane la principale sorgente del rischio, perchè errori e distrazioni sono sempre in agguato. Come si dice in alcuni sacri testi sulle professioni a impatto di sicurezza... nessuno dice "adesso sbaglio", e anche chi cerca di applicare tutte le norme e tenere comportamenti corretti certe volte si sbaglia. L'analisi dell'errore (il "fattore umano") desta sempre infinita meraviglia, a posteriori, e rammarico in chi li ha commessi, sempre che sopravviva. Figuriamoci poi chi il problema non se lo pone proprio.

Tornando a noi
Tornando a noi, l'incidente che ha falciato la giovane vita della povera ciclista non sarebbe stato sopravvivibile nemmeno ad uno in moto, o su di un'altra macchina, e forse nemmeno ad un camionista. Quindi occorrerebbe capire cosa passava nella testa della persona che ha tentato quel maledetto sorpasso, se non altro per distinguere fattori personali, culturali, fisici e vedere eventuali elementi comuni con altre sitauzioni. 

E' soprattutto molto importante intervenire sull'ambiente culturale, ammesso che c'entri, per esempio  spiegando che non c'e' niente di disonorevole nell'andare piano o stare in fila, cosa che regge fino a quando non rischi di perdere l'aereo o di far tardi al lavoro.  In questi ultimi casi ci vuole sorveglianza stradle, ma molto pervasiva per depennare dai patentati chi si comporta a quel modo prima che provochi un incidente.

Come possiamo vedere, anche volendo ci vuole almeno un decennio per riportare all'ordine almeno una generazione e mezzo di automobilisti che guidano mezzi sempre più scattanti...  Anche volendo.

Però qualcosa si può fare già da subito. E la possiamo fare noi.
Non sono nemmeno d'accordo con chi dice che bisogna agire solo sugli automobilisti. 

La pelle è la nostra e, senza patemi d'animo, possiamo prendere qualche sana precauzione, magari guardando chi sta più avanti di noi.

Per esempio sono almeno trent'anni che ogni motociclista sa che deve girare con il faro sempre acceso, anche di giorno. Senno' le macchine non ti vedono arrivare.

Mi pare che adesso sia diventato obbligatorio, tanto è vero che si accende al primo scatto della chiave. avere il faro acceso fa vedere prima e meglio una figura che è molto più piccola di quella di un'altra auto.

Questa strategia era non applicabile in bicicletta fino a qualche anno fa.

 Adesso tra batterie sempre migliori e led ad alte prestazioni, anche chi va in bici ha la possibilità di farsi notare da distante.

Sentivo un collega che si allenava varie ore al giorno che diceva che le squadre dovrebbero adottare le luci sempre accese come standard di allenamento. 

Ovviamente la paura è che a qualcuno venga in mente di renderle obbligatorie invece di agire sugli automobilisti. 

Ragionamento giustissimo, però dal nostro punto di vista noi non possiamo controllare cosa fanno gli automobilisti, ma farci vedere da più lontano lo possiamo fare,  e questo può contribuire a salvare un po' di vite.

giovedì 2 gennaio 2025

Addio 2024, Roma un po' più ciclista ma manca ancora tanto per essere bike-friendly

Il 2024 è stato un anno che ho vissuto ciclisticamente solo a metà. 

Peccato, perchè forse è stato l'anno della mia maturità ciclistica, quando ho usato la bici come un vero mezzo di trasporto e divertimento con autonomia provinciale, se non regionale, fino all'incidente di giugno.

Dopodichè sono rimasto a guardare fino a dopo Natale, quando ho ripreso a pedalare (e ho anche fatto in tempo a forare!) con somma attenzione ma, ovviamente ahimè, con i quadricipiti tutti da far ripartire.

Per la Roma Ciclista il 2024 mi è sembrato un anno particolare. 

Infatti la dote di piste ciclabili romane è cresciuta moderatamente in quantità, e forse un po' di più in qualità, specie con l'attraversamento di Piazzale di Porta Pia, che ha portato un grande beneficio a tutti coloro che percorrono la pista Nomentana, che non sono pochi.

Per rimanere alle cose che ho visto è stata completata la pista della Sapienza, che unisce Termini con l'Università, anche se le soluzioni adottate a Viale dell'Università per utilizzare lo spartitraffico centrale sembrano una fabbrica di incidenti e riportano in vita la progettualità delle ciclobimbi di veltroniana memoria. In particolare "il ricciolo".

Quello che mi è sembrato di percepire, purtroppo, è però una battuta di arresto nell'espansione della mobilità ciclabile.

Oddio, il ritmo di espansione indotto dalla bici elettrica,  permettendo anche a persone poco inclini alla fatica fisica di utilizzare il mezzo a due ruote, ci aveva un po' viziati, ed forse è questo mezzo ha ormai conquistato il conquistabile. Quindi confermerei la mia netta sensazione che si sia raggiunto nuovamente un plateau dal quale occorrerà muoversi. 

Forse si tratta  delle stesse ombre che si sono allungate sulla transizione ecologica, il green deal, i cui costi industriali, sociali e comportamentali stanno raffreddando più di un entusiasmo, tanto da essere messo apertamente in discussione... Risparmiare CO2 non sembra più tanto cool e forse lo stesso sta accadendo anche per la ciclabilità romana.

2025 La rete ciclabile aumenta un pochino, ma per il momento non è stata una priorità.
Il mio principale rammarico è la evidente mancanza della priorità nella realizzazione della rete ciclabile, ovviamente oscurata dalle opere del Giubileo.

Comprensibilmente sono state impiegate un sacco di risorse per pedonalizzare  piazze turistiche, cosa piacevole ma a servizio del turismo, e che però non può avere veri effetti sul cambiamento delle abitudini di spostamento.

Invece ci servirebbero  come il pane tanti interventi di realizzazione di piste, anche sacrificando un po' di posti parcheggio, cosa che sembra tabù se non riferita -appunto- alle suddette pedonalizzazioni. 

Roma Ciclomobilista? non nel 2025!
E' chiaro che il Comune ancora non vede nella bicicletta un mezzo che può cambiare la mobilità cittadina. Certo, non è pensabile spostare il 30% del traffico sulle due ruote a pedali, ma un 4 - 5% già sarebbe un grosso sollievo alla città e al suo sistema di trasporto pubblico. Basterebbe crederci!

Speriamo che gli anni 25 e 26 ci portino realmente le decine/centinaia/migliaia di km di piste ciclabili vagheggiate nel PNRR, e che queste piste siano significative in termini di ciclomobilità e non solo di cicloturismo. 

Per quanto riguarda il ciclomobilismo puro ho capito che ci sarà poco e niente. Le piste o corsie ciclabili alla Stefàno, l'assessore della Raggi, vengono di nuovo interpretate come lesa maestà automobilistica e non fanno breccia nella giunta Gualtiera, che comprensibilmente e zingarettianamente  d'occhio gli indici di popolarità. Tutto quel lavoro duro e oscuro non sarà replicato, stiamone certi.

Cosa mi piacerebbe per il cicloturismo
Se il lato ciclomobilistico non brilla, la pioggia di km di piste che ci aspetta per il 2025 sembra in gran parte orientata alle meraviglie cicloturistiche.

In canna abbiamo la meravigliosa, e dico davvero meravigliosa, congiungente Monte Ciocci-Stazione San Pietro (o Trastevere?) lungo il percorso dismesso della ferrovia, con galleria sotto il Vaticano.

A questa meraviglia dovrebbero affiancarsi i primi tratti del GRAB, ancora una volta un'opera ad uso turistico, che però a tratti potrebbe tornare utile anche al ciclomobilismo. <Ho letto pure di una ciclabile che unirà Porta Maggiore a Gabii... ... 

Se poi passiamo al fantaciclismo, io spero sempre che, dopo innumerevoli annunci,  Roma venga ciclisticamente unita al suo litorale, tanto Fiumicino e il suo sempre crescente sistema di piste,  quanto Ostia Antica, Ostia e le sue spiagge. 

Altrettanto vagheggio, come Feanor morente di fronte alle torri di Thangorodrim,  che la linea del trenino della Casilina, dismessa con la Metro C, sia trasformata in una pista ciclabile che arrivi a congiungersi con il tratto Paliano - Fiuggi, tratto ormai compromesso da anni in un lento declino, a dispetto del fatto che possa rappresentare una concreta occasione di sviluppo per il territorio al di fuori dei confini di Fiuggi.

Infine pensate che bello se si riuscisse ad unire Roma e Tivoli, magari passando da Villa Adriana!

Ma Roma non sta diventando bike friendly
I progressi in questi anni ci sono stati, per carità chi lo può negare. 

Va inoltre registrata un'importante variazione rispetto alle giunte precedenti: Gualtieri non promette moltissimo, ma quello che promette sembra riuscire a mantenerlo, basti vedere le opere del Giubileo. Non è una novità da poco.

Però la maggior parte di quelli che chiamiamo "progressi" sono auto-adattamenti di noi cittadini al mondo moderno e non -come dicevo- l'attuazione di politiche specifiche volte a promuovere la sostituzione di spostamenti in auto/mezzo pubblico in spostamenti ciclistici.

Quello che manca veramente è un ambiente nel suo complesso favorevole all'utilizzo della bicicletta in termini generali, segno che i ciclisti non sono ancora un target veramente appetibile, ma una minoranza che porta più problemi che soluzioni o affari. 

Tra i vigili urbani non mi pare di aver visto moti di protezione di pedoni o ciclisti (e monopattinisti) ma piuttosto il solito tono di business as usual, ovvero sentirsi molto italianamente  sulla stessa barca dei poveri automobilisti che non trovano da parcheggiare.

Quindi mi sembra che tendenzialmente continuino a rifuggere  il contrasto frontale (per esempio alla sosta in doppia fila), anche se ovviamente non si possono avere strade troppo intasate dalla seconda fila e quindi agiscono lo stretto necessario a non farle bloccare. 

Inoltre è definitivamente scomparsa la sorveglianza dinamica sul campo...  non li vedo mai vicino ad un passaggio pedonale a proteggere chi attraversa,  e la percentuale di parcheggiati sulle strisce con la notifica della multa sul tergicristallo è veramente bassa, segno che la repressione latita. 

Per non parlare dell'occupazione abusiva delle piste/corsie ciclabili.


Il nemico rimane il furto: la paura dei ladri limita l'uso della bicicletta
Infine a Roma rimane un ultimo -ma non l'ultimo in via di importanza- elemento che secondo me sta frenando l'uso della bicicletta, che sono i furti... quante volta rinunciamo ad usare la bicicletta perchè non ci fidiamo a lasciarla legata due ore fuori da un cinema o da un ristorante? Tante, tantissime, ed è vero per tantissimi ciclisti.

Su questo il sindaco può fare poco, anche perchè la giustizia italiana sembra volersi semplificare la vita riaddossando i microcriminali al mantenimento da parte della comunità civile, se non altro per tenere bassa la popolazione carceraria.

Questo è un altro di quei problemi capitali che frenano l'uso della bicicletta, ma sembra che nessuno se ne curi. In effetti l'intera microcriminalità sembra data per inevitabile, un errore di merito e di metodo, che fa sembrare debole lo stato di diritto e alimenta il mito dell'uomo forte che risolve tutto. 

sabato 28 dicembre 2024

Di nuovo in sella!!!!

Alla fine è successo... ho cominciato con le "ruote piccole" per vedere come la caviglia reagiva al nuovo ambiente... doveva essere un giretto dell'isolato, alla fine sono venuti fuori più di 10 km, e mi sono fermato per prudenza generale, senza dolori o altro.

Ovviamente la gamba sinistra è meno forte, e la cosa diviene chiarissima nelle salite un po' accentuate, dove si percepisce con chiarezza la differenza di coppia... però spero di equilibrare rapidamente con l'esercizio.

La cosa che più mi preoccupava era la stabilità appoggiandosi con la sinistra, che poi è la gamba a terra preferenziale, visto che la destra in genere la uso per la mezza pedalata d'avvio. le prestazioni "sulle punte" lasciano ancora a desiderare, e mi sono trovato qualche volta in posizioni non pianificate a priori.

Per questo ho optato per la pieghevole, con il proposito di passare alla Citybike (ER) quanto prima e cominciare un po' di allenamento serio prima di tornare alla 29.

Evviva!

domenica 22 dicembre 2024

Dopo la mitica presa di Porta Pia riconquistiamo Castro Pretorio

Poche cose mi hanno dato soddisfazione ciclistica come l'attesissima realizzazione del tratto di atraversamento di Porta Pia della Ciclabile Nomentana.

Da ex-utente quotidiano (ma spero di riprendere a gennaio) completare il persorso in sella  comportava una certa creatività, e comunque  un sicuro aumento del rischio, che toccava il vertice decidendo di fare il tratto rimanente contromano (la soluzione con il minimo dispendio di tempo).

La nuova realizzazione permette invece di risparmiare un bel po' di tempo (almeno se non si deve proseguire per Via XX Settembre) e minimizza il rischio, anche quello degli automobilisti di trovarsi una bici o un monopattino davanti.

Sarebbe stato bello farla proseguire lato Ambasciata Regno Unito fino a quando la strada non diventa senso unico, ma ovviamente stiamo parlando di fantacapitale.

Rimane invece aperto il nodo dell'attraversamento di Viale Regina Margherita, dove semplicemente la pista cessa, con tutto quello che ne consegue.

Adesso abbiamo quindi l'attraversamento di Porta Pia, e la "pista della sapienza arcaica" che unisce Termini alla Sapienza, ma ci siamo persi il collegamento tra le due realizzazioni, perche' il tratto di corsia ciclabile di Castro Pretorio è svanito.

I guai principali  sono sulla svolta tra Corso Italia e Viale Castro Pretorio, dove già da tempo è svanita la corsia ciclabile, come si può addirittura vedere da satellite.

Da tempo auto e moto stringono senza pietà le bici, per cui la segnaletica va rifatta, ma sarebbe veramente il luogo perfetto per una cordolatura di protezione.

Da lì all'incrocio di Via di San Martino della Battaglia il percorso zigzaghico della pista, (= che segue gli spazi dei parcheggi con angoli, non curve) è stato di fatto occupato o ostruito da varie tipologie di mezzi e andrebbe anche lì, difeso con un cordolo o ridisegnato.

In particolare il primo tratto, fino a Via Sapri,  è attaccato al marciapiedi e viene spesso ostruito dalle auto e soprttutto dai comionici AMA in sosta irregolare, che in aggiunta ostruiscono anche Viale Castro Pretorio e quindi mangiano spazio alla pista.

Passata Via Sapri, la pista è ostruita dalle auto lasciate in doppia fila, pratica che prosegue per qualche fondamentale decina di metri anche passato l'incrocio con Via di San Martino della Battaglia.

Dunque, presa Porta Pia, riconquistiamo Castro Pretorio!!!!