Interrompo le trasmissioni ciclistiche e sfrutto i pochi minuti che mancano alla nomina del governo per una piccola digressione sulla natura della crisi nella quale il nostro Paese versa da un paio di decenni, forse anche tre.
E che riprende alcuni discorsi che si fanno spesso tra amici e colleghi, ovvero la rivalita' tra settore tecnico e settore giuridico nella pubblica amministrazione.
A piu' di un osservatore non e' sfuggita l'inarrestabile tendenza all'amministrativizzazione che pervade la vita politica italiana, ovvero che la crisi si superi con leggi sempre piu' complesse che guidino gli amministratori nella cosa pubblica.
Per carita', il mio mestiere e' fare regolamenti, e se uno li prende come guida al comportamento e piattaforma di fair competition, come dicono gli anglofoni vanno bene.
Altrettanto pochissimo si rendono conto che fare telefonini in Cina o in Finlandia che parlino in tutte le parti del mondo con qualunque SIM, basta che li accendi, richiede un livello di specifiche tecniche da km di carta. Pero' queste cose valgono il risultato, si chiamano standardizzazione, e permettono di abbattere i costi realizzando l'interoperabilita' dei dispositivi.
Pensate solo il risparmio globale per aver adottato gli alimentatori USB uguali per tutti!
In Italia abbiamo invece adottato da tempo una brutta strada.
Invece di avere una regolamentazione a servizio degli obiettivi da raggiungere, abbiamo sviluppato una corpus giuridico ipertrofico e incoerente che mette i laureati in giurisprudenza in vantaggio rispetto al resto della popolazione produttiva, ovvero quelli che i problemi li risolvono sul serio.
Nella disfida quotidiana avvocato/ingegnere le prime figure sogghignano tenendo i codici in mano senza rendersi conto che spessissimo sono proprio quelli a tenere in scacco le forze produttive del nostro paese.
La prova e' lampante.
Infatti se i prodotti tecnici italiani continuano a funzionare nel mondo, aeroplani, elicotteri, navi, treni, automobili, motociclette, etc. etc., se l'Italia ha ottime infrastrutture (anche se ultimamente non e' cosi' facile), il settore giustizia, la filiera della legalita' nella sua accezione piu' ampia, e' in ginocchio.
L'arretrato giudiziario e' tale che siamo un paese nel quale chi ha torto preferisce andare in tribunale e chi ha ragione raggiungere un accordo extragiudiziale. Almeno un po' della sua ragione ce l'ha subito.
Gli ultimi interventi sulla normativa degli appalti rendono sempre piu' difficile avere le opere fatte, ne sanno qualcosa tutti gli amministratori. Non solo i ricorsi dei perdenti bloccano per mesi l'avvio delle opere aggiudicate, ma aprire contenziosi su tutto e' diventata una prassi.
Come disse un personaggio pubblico che stimo molto: "Una legge fatta da amministrativisti, non migliorera' le cose". Per non parlare delle virtu' taumaturgiche attribuite ai magistrati, vedi Cantone all'ANAC.
Se poi andiamo al penale siamo pieni di delinquenti a piede libero... qualcuno dice "Ma i reati diminuiscono". Certo, perche' abbiamo limitato fortemente la nostra liberta' con antifurti, catene, non lasciamo le bici per strada e a Roma le case con tutte le inferriate sembrano succursali di prigioni. Invece di mettere in galera i delinquenti ci mettiamo i cittadini onesti.
Detto, in maniera rapida e forse molto grossolana... pero' credo efficace.
Insomma, quando ho sentito il nuovo Presidente incaricato dire "Saro' l'avvocato degli Italiani" mi sono sentito morire... gli Italiani hanno bisogno di ingegneri, geometri, architetti, matematici, fisici, progettisti, poliziotti, industriali, imprenditori, contadini, agronomi, marinai, aviatori.
Gente che risolve i problemi veri, e questo e' particolarmente vero per la pubblica amministrazione.
In particolare perche' i laureati in giurisprudenza, i giuristi, sono persone come le altre, molti eccellenti e intelligenti, ma per loro forma mentis , non comprendono i principi profondi che muovono le organizzazioni.
Salvo eccezioni, ovviamente, e speriamo che questa sia una di quelle...
venerdì 25 maggio 2018
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1 commento:
Sono d'accordo pienamente.
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