Un rapporto dell’Osservatorio della Sanità descrive noi italiani come un popolo di sedentari, fumatori e sbevazzoni.
Però a preoccupare non sono tanto quelli ormai da rottamare tipo me (anzi prima tiriamo le cuoia e più l’INPS è contenta e sta preparando una campagna di incentivi...), ma i giovani e i giovanissimi. A nessun genitore sfugge come la generazione attuale, veri maghi della playstation e del Wii del finto movimento, abbia una certa tendenza a considerare la fatica fisica come un marchio d’infamia.
Se ritorno alla mia lontana adolescenza, la competizione fisica era una costante tra le amicizie maschili. Si stava sempre a misurarsi a correre, giocare, lottare, fare scherzi, per vedere chi cedeva per primo. Quello che adesso i giovani fanno col Wii, noi lo facevamo sul serio, anche se un po’ artigianalmente.
Circa 4 anni fa tra genitori organizzammo una gita al mare, approfittando di un sabato con tre ore di scuola. Era maggio avanzato, andammo a Fregene. Io caricai tre maschietti sulla mia auto, tutti bravissimi ragazzi, educati e forti nello studio. Dopo un po’ li sentii sbuffare e lamentarsi: non avevano l’aria condizionata in macchina! Al ritorno fecero salire le sorelline e se ne andarono sulla BMW del padre di uno di loro (voi direte mica scemi…).
Magari il mio pargolo e’ un tantino esagerato, ma considerate che i giovani ciclisti sono una percentuale esigua del numero totale. A quell’età sembra che comunque preferiscano l’autobus alla bici, e d’altra parte noi genitori in genere non premiamo a causa del rischio connesso all’uso della bicicletta, ma non consideriamo che se la bicicletta è più pericolosa del bus, è sicuramente meno pericolosa del motorino. Comunque la disponibilità di una rete di piste ciclabili aiuterebbe molti genitori a fare la scelta giusta.
In effetti la gioventù romana guarda a chi va in bicicletta come ad un povero sfigato, uno che non si può permettere la moto. Questa cosa ha un effetto devastante. Infatti se ad usare la bicicletta rimangono al massimo uno o due per classe (normalmente meno) questo finisce per isolarsi dagli altri modi di trasporto (macchinetta, motorino e bus) e non socializza. Finisce che quell’unica bicicletta viene sabotata dagli altri che non sopportano che altri minaccino il loro conformismo.
Invece un gruppetto di ciclisti in una classe socializza e magari riesce a fare proseliti e anche qualche bella gita. Ogni uscita diviene un’occasione di divertimento. Inoltre avere un gruppo di adolescenti autonomi in bicicletta significa snellire il traffico genitoriale e l’affollamento dei bus.
Altro target del rapporto sono i giovani oltre i vent’anni, accusati, oltre che di soprappeso, di fumo e cocktailismo (alcool fuori pasto). Tutte cose che fanno figo, ma creano, oltre a vistosi inestesismi, danni cumulativi che si manifestano alla mezza età. Anche quelli potrebbero alternare all’attività sedentaria dello studio qualche bello spostamento in bicicletta, cosa che ha il pregio di estendere all’ambiente i benefici personali.
Però a preoccupare non sono tanto quelli ormai da rottamare tipo me (anzi prima tiriamo le cuoia e più l’INPS è contenta e sta preparando una campagna di incentivi...), ma i giovani e i giovanissimi. A nessun genitore sfugge come la generazione attuale, veri maghi della playstation e del Wii del finto movimento, abbia una certa tendenza a considerare la fatica fisica come un marchio d’infamia.
Se ritorno alla mia lontana adolescenza, la competizione fisica era una costante tra le amicizie maschili. Si stava sempre a misurarsi a correre, giocare, lottare, fare scherzi, per vedere chi cedeva per primo. Quello che adesso i giovani fanno col Wii, noi lo facevamo sul serio, anche se un po’ artigianalmente.
Circa 4 anni fa tra genitori organizzammo una gita al mare, approfittando di un sabato con tre ore di scuola. Era maggio avanzato, andammo a Fregene. Io caricai tre maschietti sulla mia auto, tutti bravissimi ragazzi, educati e forti nello studio. Dopo un po’ li sentii sbuffare e lamentarsi: non avevano l’aria condizionata in macchina! Al ritorno fecero salire le sorelline e se ne andarono sulla BMW del padre di uno di loro (voi direte mica scemi…).
Magari il mio pargolo e’ un tantino esagerato, ma considerate che i giovani ciclisti sono una percentuale esigua del numero totale. A quell’età sembra che comunque preferiscano l’autobus alla bici, e d’altra parte noi genitori in genere non premiamo a causa del rischio connesso all’uso della bicicletta, ma non consideriamo che se la bicicletta è più pericolosa del bus, è sicuramente meno pericolosa del motorino. Comunque la disponibilità di una rete di piste ciclabili aiuterebbe molti genitori a fare la scelta giusta.
In effetti la gioventù romana guarda a chi va in bicicletta come ad un povero sfigato, uno che non si può permettere la moto. Questa cosa ha un effetto devastante. Infatti se ad usare la bicicletta rimangono al massimo uno o due per classe (normalmente meno) questo finisce per isolarsi dagli altri modi di trasporto (macchinetta, motorino e bus) e non socializza. Finisce che quell’unica bicicletta viene sabotata dagli altri che non sopportano che altri minaccino il loro conformismo.
Invece un gruppetto di ciclisti in una classe socializza e magari riesce a fare proseliti e anche qualche bella gita. Ogni uscita diviene un’occasione di divertimento. Inoltre avere un gruppo di adolescenti autonomi in bicicletta significa snellire il traffico genitoriale e l’affollamento dei bus.
Altro target del rapporto sono i giovani oltre i vent’anni, accusati, oltre che di soprappeso, di fumo e cocktailismo (alcool fuori pasto). Tutte cose che fanno figo, ma creano, oltre a vistosi inestesismi, danni cumulativi che si manifestano alla mezza età. Anche quelli potrebbero alternare all’attività sedentaria dello studio qualche bello spostamento in bicicletta, cosa che ha il pregio di estendere all’ambiente i benefici personali.
Arriverà il medico a prescrivere la bici?
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