Me ne sono ricordato appena in tempo.
Oggi pomeriggio, poco dopo il decollo da Fiumicino, siamo passati, come al solito, sulla verticale dell’Argentario. Dall’altro lato dell’aereo l’Isola del Giglio. Mi sono affacciato, certo di vederla.
Ed in effetti, malgrado l’opacità del finestrino ed il riflesso del sole basso sull’orizzonte, la sagoma della nave spiccava come some una grande balena bianca piaggiata, da 10 mila metri d’altezza.
Cerco di tenermi lontano dalle cronache dell’incidente, mi ricorda troppo i giorni seguenti alla collisione di Linate, quando c’era solo dolore e sconforto, “come è potuto accadere questo da noi?”.
Quel poco che sento non mi piace, mi sembra di rileggere le cronache degli incidenti aeronautici degli anni ’80, quando il comandante dettava legge a bordo, prima del concetto di Crew Resource Management.
Personalmente. Le poche volte che ho preso il traghetto, mi sono sempre chiesto come doveva essere l’abbandono di nave, il calo delle scialuppe di note d’inverno, a nave sbandata (=inclinata)… difficile, critico, impossibile, quello che alla fine è successo. E i morti potevano essere molti di più.
Sono troppo vicino alle tematiche di sicurezza per facili critiche. Dico solo che, come per altri argomenti, i comportamenti individuali sono spesso il prodotto dell’ambiente, e che in Italia in molti campi dobbiamo veramente cambiare.
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