venerdì 30 aprile 2010

In (forte) aumento i casi ci ciclofobia

Chiamo ciclofobia l’odio che hanno determinate categorie di persone e di utenti della strada verso l’uso della bicicletta e i ciclisti.

E’ chiaro che il ciclista vede la bicicletta come uno dei migliori mezzi di trasporto, e vuole conquistare un posto dignitoso nella strada. Color che occupano le posizioni dominanti (auto, moto e pedoni) spesso non intendono cedere alcuno spazio, sentendosi già abbastanza oppressi.

Ora,si capiscono abbastanza bene gli automobilisti, che hanno paura di vere tramontare il loro dominio, ma i pedoni? E sì, perché il vero problema è la chiusura, tutta italiana, di aree pedonali alle biciclette.

Un caso è l’ormai celeberrima postazione di bikesharing di Ostia, posta in una piazza pedonale chiusa alle bici. Oddio, portare a mano la bici per pochi metri non è un vero problema, ma perché? Quando mai le biciclette hanno veramente minacciato i pedoni?

Ma l’altro giorno si parlava anche di Portofino, dove le bici non si possono portare neanche a mano… Mah, andrebbe vista la situazione locale, forse troppi vanno in giro in bici.

E sì che di pedoni tra le palle (scusate il francesismo) sulle piste o strada ne trovi a strafottere.

Ma anche gli automobilisti ci danno sotto… Per esempio, oggi ho ri-fatto una prova. Per andare in ufficio posso tagliare un semaforo utilizzando l’attraversamento pedonale. Quando lo percorro in bici, le auto non si fermano.

Allora ogni tanto mi dico: scendo e porto a mano la bici, che è perfettamente legale. Bene, anche lì le auto ti puntano addosso, come se in quelle condizioni non fossi un pedone.

Pura ciclofobia.

martedì 27 aprile 2010

Moda estiva da ufficio per ciclisti e cicliste… ci manca!

Con l’arrivo della bella stagione, si ripropone per il ciclista ufficiale (che va in ufficio), il problema di come agghindarsi per una normale giornata con i colleghi e qualche riunione.

Ebbene sì: l’inverno, con suo maltempo, ha tanti inconvenienti. Ma il ciclista da ufficio può vestirsi da gentiluomo di campagna e fare comunque una certa figura. Giacca tweed, pantaloni di velluto o fustagno, scarpe tipo Clark. Un abbigliamento comodo e compatibile con la bicicletta.

D’estate il problema esplode: non puoi andare in giro con un leggero completo di frescolana. Dopo pochi chilometri è completamente sformato. Stesso dicasi per tutti gli altri tessuti leggeri che si portano d’estate.

Vero è che il confronto va fatto con la metropolitana: quando il caldo avanza, in metro si suda più o meno lo steso, ma almeno i vestiti non si deformano.

Gran parte dei problemi se ne andrebbero conl’adozione, o meglio il ritorno, di un capo d’abbigliamento molto semplice: i pantaloni corti di stile “coloniale” (non quelli da spiaggia) che hanno le pinces, abbinabili con una buona camicia con le tasche. E’ un abbigliamento accettabile in ufficio, i militari lo hanno usato per moltissimo tempo, che risolverebbe il 70% dei problemi, mantenendo un buon taglio nella parte alta, senza dare problemi di pedalata.

Si potrebbe quindi ammettere pantalone corto (elefantino) e camicia doppia tasca stile esercito anni ’40, abolire la cravatta e abbassare (o meglio alzare) la temperatura dell’aria condizionata. Risparmi stratosferici! In alternativa, vi è solo il cambio, ovvero portarsi un cambio completo appresso… soluzione possibile, ma poco piacevole.

Estate a parte, si sente la mancanza di una moda da ciclisti, che coniughi lo spostamento in bici con le esigenze di una normale vita lavorativa. Nelle riviste di moda si vedono, talvolta, foto di persone in bicicletta, ma sono chiaramente immagini pittoriche, fuori da qualunque realtà ciclistica, specialmente in una città di salitele come Roma.

In effetti il mondo ciclistico, così prodigo di capi tecnici dai colori sgargianti, non riesce a produrne di adatti alla città, con fogge comode ma eleganti e materiali appropriati… che siano accettai come “ammissibili” dalla comunità affaristica.

E’ un altro dei tasselli che, in un paese schizzinoso come l’Italia, ostacola l’uso quotidiano della bicicletta.

domenica 25 aprile 2010

L’invenzione dello sblocco della forcella anteriore

Grande gita di Cicloappuntamenti sui Monti Ruffi (Qui le foto), preparata da Maurilio, al quale vanno tutti i miei ringraziamenti e i complimenti.

La gita si è svolta nella lussureggiante vegetazione primaverile, immersa nel tenero verde della campagna sublacense. Inoltre, per noi poveri schiavi del pedale, è andata meglio di quanto temuto (1400 m di dislivello, profetavano i maligni), e alla fine abbiamo totalizzato 46 km e "solo" 1150 metri di dislivello.

In effetti mi ero sempre chiesto come cavolo si potesse arrivare in quei malefici paesi arroccati in cima ai monti, tipo Rocca di Canterano, prima dell'invenzione dell'auto.

Ora lo so, e so anche che nessun malefico ciclista li avrebbe mai potuti espugnare di nascosto. L’ansimare nel bosco sarebbe stato subito scoperto dalle sentinelle.

In effetti l’itinerario è andato salendo e scendendo per tutto il tempo, con salite non lunghissime ma molto ripide, fino al 20%. Nella peggiore, subito dopo mangiato, mi sono addirittura fermato a metà, tanto per evitare eventuali danni al cuore.

Tra le difficoltà annunciate, anche un paio di discese tecniche, ovvero dove se sbagli ti puoi anche rompere l’osso del collo (last. but not least). La più lunga mi ha dato un bel po’ di problemi. Non riuscivo a tenere la bici. Ad un certo punto mi sono fermato ed ho abbassato la sella, e la cosa un po’ è migliorata.

E’ stato solo a fondo valle che mi sono ricordato che nella salita precedente l’avevo bloccato… “Non lo fare che te lo dimentichi”…

Comunque lo sblocco della forcella anteriore è proprio una grande invenzione. Una delle più grandi per la bici, dopo quella dei calzini di lana...

mercoledì 21 aprile 2010

Tante bici

Oggi sono andato in ufficio fino all’EUR, ovvero senza fare bici più metro, e lungo la strada ho incontrato veramente parecchi ciclisti, almeno una trentina, se non di più.

La pista dell’EUR era particolarmente affollata, sia da persone a passeggio che da persone che stavano andando o tornando dal lavoro.

Altra profusione di bici al centro, quartiere Trieste, Piazza Fiume, Colosseo e Via dei Fori Imperiali, percorsa rigorosamente sul marciapiedi.

Ieri invece avevo passato una giornata in auto… e comunque mi ero stupito perché avevo trovato meno traffico di quanto mi aspettassi… Questo è un trend che avevo già segnalato e avuto confermato da parecchi. In compenso la metro scoppia di persone.

Non è un fatto secondario che non stiamo diventando più ricchi, e la benzina ha ricominciato ad essere cara. Le persone scoprono che non si possono permettere la macchina, o se go in auto debbono rinunciare ad altre cose considerate essenziali.

A parte la bellezza delle giornate, soleggiate ma fresche, in queste condizioni la bicicletta ridiventa attrattiva in quanto permette di mantenere una buona mobilità personale a costi contenuti, più tutti gli altri aspetti, come prepararsi meglio alla prima spiaggia.

La pista sta bene, se si eccettua una certa presenza di frammenti di vetro, che mi impensieriscono abbastanza. Reggeranno le gomme? Le ho gonfiate parecchio, stamattina, ma lo stesso ho il sospetto che quella posteriore abbia una spizzicatura.

Con le auto buon rapporto, anche se c’e’ sempre il solito st**** che si piazza di fronte agli scivoli dei semafori senza nessun motivo, e non accenna neanche ad un “mi dispiace”. Ti viene voglia di fermarti, tirarlo giù dalla macchina e prenderlo a sberle… ma poi chissenefrega.

domenica 18 aprile 2010

Contromano alla Gran Fondo…

Preso in ambasce vulcaniche ho comunque preferito rimanere dalle parti di Roma ho organizzato una classica in solitario: Trevigano-Mola di Oriolo. Lascio l’auto al parcheggio vicino alla strada che va al campo sportivo, salgo fino al sentiero Spallettoni, prendo il sentiero e mi infilo nella ciclovia dei boschi. Ad Oriolo rifornimento di pane e porchetta e poi via fino alla Mola. SI mangia, si spiffera e poi indietro.

Lasciate le nuvole di Roma, sono arrivato a Trevignano con un bellissimo sole. Parto, e mi infilo nel sentiero. Arrivato alla prima tappa, vedo un nastro a strisce bianche e rosse che ostruisce il sentiero. Resisto alla tentazione di tagliarlo, ma lo supero. Se non che cominciano ad arrivare, uno dopo l’altro, tutta una serie di ciclisti vestiti proprio come dovrebbero essere vestiti i ciclisti secondo i fabbricanti di vestiti da ciclisti.

Devo dire che ho subito ricollegato il nastro ad un numero che ognuno portava sul manubrio, e ho capito che era una corsa. La parte facile perché era in discesa. Bevabbè, non andavano neanche tanto veloce, anzi, qualcuno era decisamente peggio della media di quelli di cicloappuntamenti.

Insomma, visto che non avevo alternative, mi sono rassegnato a salire piano piano, praticamente pedalando nelle fratte, in modo da non ostruire la corsa. Che poi nessuno aveva annunciato. Insomma una cosa tipo quella che ho fatto per andare a cercare il poncho (8 km contromano).

Nessuno si è adirato, e tutti mi hanno salutato cortesemente, anche se un po’ frettolosi. Arrivato al secondo bivio ho trovato due addetti della protezione civile che stavano proteggendo il circuito. Devo dire che sono rimasti piuttosto stupiti al vedermi sbucare contromano, però non si sono scandalizzati più di tanto. Devono aver realizzato che il varco a valle era rimasto protetto (e quella è stata la mia fortuna).

Per fortuna in quel punto il circuito si allontanava dal mio sentiero, e quindi mi sono fermato 10 minuti con i protettori civili. Lo spettacolo era interessante. Stavamo vicino ad una curva a gomito in discesa sterrata con sassi. Lato esterno bordato da siepi di rovi. Il tutto mi ha dato idea di un notevole pericolo, ed in effetti un ciclista era stato portato via in ambulanza poco prima.

Salutato i protettori ho continuato per la mia strada. Attraversato il bosco mi sono ritrovato improvvisamente, senza preavviso, di nuovo nella gara e di nuovo contromano. Lì la strada è ampia e non mi sono preoccupato. Io ero in discesa e loro in salita, e molto più abbacchiati di prima. Li ho tranquillamente scartati, ho ri-salutato un po’ di quelli che avevo salutato sulla salita e ho continuato per la mia strada…

Cavolo, non ho pensato a fare qualche foto! Sarà che erano soprattutto omini…

mercoledì 14 aprile 2010

Meno macchinette, puntiamo alle piste e alle biciclette.

La cronaca di questi due giorni ci ha portato la tragica notizia della morte, in due incidenti distinti, di due adolescenti alla guida di due mezzi di quelli chiamati “macchinette”.

La dinamica dei due incidenti appare –stando a quanto riportato dai giornali- molto simile. Il guidatore perde il controllo del mezzo e finisce contro un ostacolo (autobus o palo, o guardrail). La limitata protezione che forniscono le strutture, la mancanza di airbag, rendono l’urto fatale. Entrambi i ragazzi muoiono tra le lamiere.

Questa sequenza porta il mondo delle microcar sotto i riflettori della stampa, e si scopre che a Roma, forse per la loro diffusione, abbiamo un numero di incidenti da macchinette molto elevato. I genitori, che guardano alle macchinette come un’alternativa sicura (ma costosa) ai motorini, scoprono a loro volta che le quattro ruote non sono di per sé una garanzia.

Nota: Probabilmente le macchinette in questione procedevano a velocità superiori a quelle autorizzate, grazie alla rimozione dei sistemi di depotenziamento dei motori. Non mi intendo ingegneria automobilistica, ma non ci vuole un mago per sapere che al raddoppio della velocità aumenta di 4 volte l’energia cinetica da smaltire, e che questo è un problema serissimo in caso di urto.

Tra le reazioni dei genitori annoveriamo quella del nostro Sindaco, che è anche padre di un 15enne macchinettizzato, che giustamente auspica un maggior controllo dei “truccatori” professionisti (come se i genitori fossero all’oscuro) e di corsi di guida sicura, o comunque un maggior addestramento per i conducenti. Qualcuno parla di elevare l’età della macchinetta a 16 anni, ma potete scommetterci che non se ne farà nulla.


Mi pare che stiamo producendo generazioni di adultini, che replicano con i loro comportamenti sballati (auto + sigarette) le cattive abitudini degli adulti. In questo i genitori devono essere più fermi e non compiacersi di aver passato questi vizi ai figli

Ma ricordiamo che la proliferazione di macchinette, così come quella dei motorini, è anche figlia della mancanza di alternative pratiche in tema di mobilità individuale che Roma offre agli adolescenti e ai giovani… già indovinate di che parlo? Sì, proprio loro, biciclette e piste ciclabili.

Ma nessun genitore sano di mente manderebbe un dodicenne in mezzo alla bolgia attuale. Le piste sono necessarie, anche se qualche ciclista le disdegna, per ridurre il rischio traffico…. Se attuata la mitica accoppiata, se adottata dagli adolescenti (diciamo dai 12 anni in su’) avrebbe una serie piuttosto consistente di vantaggi:

a) migliorerebbe la mobilità individuale dei giovani, scaricando le strade delle auto di tanti genitori-accompagnatori. Con questo si ridurrebbe anche l’inquinamento

b) ridurrebbe i casi di obesità e aumenterebbe il tono muscolare dei ragazzi;

c) ridurrebbe le differenze generate dal reddito familiare;

d) aumenterebbe la sicurezza stradale dei giovani, riducendo il nume dei motorini in circolazione.

La scuola media potrebbe organizzare corsi teorico pratici di guida bicicletta per Roma, con un “patentino” che riconosca quanto fatto dall’allievo. Rimane il problema delle piste che sono il primo mattone di questa costruzione.

Qualcuno è disposto a porgere orecchio a queste argomentazioni? Qualcuno, ma al di fuori della cerchia dei ciclisti, sembra che i contrari siano, se non la maggioranza, una fortissima minoranza che non ha nessuna voglia di cedere spazio o finanziamenti.

Sono ancora in molti, e non solo i fabbricatori e venditori di microcar, ad essere contrari all’espansione della bicicletta come mezzo di trasporto e alla costruzione di piste ciclabili.

Financo i pedoni –come stiamo vedendo fare ad Ostia per il bike-sharing- si oppongono (caso unico nell’Europa che conosco) all’apertura delle aree pedonali alle biciclette… laddove ad Amsterdam ci passa il tram, addirittura senza protezioni di sorta.

Ma inaspettatamente (per me) il Presidente Berlusconi le ha anche citate nel proprio discorso a Roma. Vedremo se erano solo discorsi pre-elettorali o se il centro-destra ne realizzerà un bel po’ (a differenza del centro-sinistra che dice di appoggiarle ma poi ne realizza pochine) e soprattutto se saranno costruite anche nei comuni del centro Sud (al Nord –se si eccettua Milano, mi si sa come sono i Milanesi- non ho grandi dubbi, vista la tradizione).

L’Italia ha un urgente bisogno di soluzioni pratiche ed economiche (=efficienti) per tentare di mantenere il posto tra le nazioni industrialmente avanzate, che i nostri padri e i nostri nonni hanno conquistato nel dopoguerra. E la bicicletta è una di queste.

lunedì 12 aprile 2010

Treno per andare alla stazione Termini? In taxi si spende meno!

Sorpresina andando in treno a Fiumicino (aeroporto): il biglietto è salito ad 8 euro, da 5,5. Credo che sia molto più di tutto il resto della tratta.

Tornando, analogamente, il biglietto del Leonardo Express è stato portato da 11 a 14 euro. Sono circa 40 km, nessuna fermata, intorno tra i 60 e gli 80 all’ora, visto che ci si mette una mezz’oretta. Senza contare la distanza tra la testata del binario 25 e l’uscita della stazione.

Niente da dire… sennonché sulla banchina stazionava un’intera scolaresca proveniente da chissà quale paese, nordico, tutti a prendere il treno.

Ormai avevano acquistato il biglietto, ma avrei voluto dir loro: se a tre a tre prendete il taxi, andate a spendere circa lo stesso, anche perché probabilmente dalla Stazione Termini al vostro albergo dovrete prendere un altro bus (e pagarne il biglietto).

Se siete in 4, allora il risparmio è garantito.

Il mistero è come possa un treno praticare tariffe che lo portano in concorrenza con un taxi sullo stesso percorso con soli 3 passeggeri… pensate: un autista, un’auto per sole tre o quattro persone… e si spende meno del treno?

Non sarà che si approfittano di una posizione dominante?

domenica 11 aprile 2010

Da Ponte Milvio a Martignano passando per la Valle del Sorbo.

Vedi foto

Mi sono incautamente unito ad una pre-scout per ciclisti hard, e dopo aver tentennato per via delle quasi catastrofiche previsioni del tempo, ho alleggerito la borsa da gita e mi sono diretto, pedalando a Ponte Milvio, dove puntamento era per le 09:30.

Arrivato alle 09:34, ho trovato la pattuglia di cicloappuntamenti che, già in cima all’inizio della pista, mi chiamava: “Guarda, ti abbiamo aspettato”… per quattro sfottuti minuti!

Vabbè, sia partiti in tre… Due terribili ciclisti ed il sottoscritto, una volta tanto in vest di mebro junior della combriccola. Il programma era impegnativo: arrivare da Ponte Milvio a Martignano su strade sterrate, passando per la Valle del Sorbo. Dichiarati 70 km e 450 m di dislivello. Considerate che ci sono esattamente 27 km tra casa mia e il parcheggio dell’Agriturismo di Martignano, andando per la Cassia bis con la macchina. A consuntivo sarebbero stati 68 km e di dislivello circa il doppio (i km escludono quelli casa a Ponte Milvio). Ritorno via Cesano in treno.

Il problema è che sono capitato insieme a “Totò e Peppino”, due noti “truffatori” che spacciano le salite per pianure, altrimenti noti come Carmine e Angelo. C’era anche un GPS, ma non gli dava retta nessuno.

La giornata è andata bene. Abbiamo percorso sentieri sterrati e strade bianche fino ai primi rilievi sotto Formello, e abbiamo attraversato la Cassia bis. A Formello il maltempo ci ha raggiunti. Cercato un riparo abbiamo consumato un gelato e ci siamo scafandrati sotto gli occhi spalancati di una pipetta sui tre anni che ci guardava come fossimo Marziani…

Abbiamo quindi affrontato eroicamente la pioggia, ma magicamente ha smesso di piovere e non ha più ricominciato per tutto il pomeriggio. Comunque, per evitare complicazioni da fango, ci siamo arrampicati lungo la strada asfaltata per uscire dalla Valle del Sorbo, e così facendo abbiamo allungato di circa 5 km.

A Martignano siamo giunti verso le tre. Abbiamo trovato uno dei ristoranti aperti e ci siamo goduti un meritato spuntino a base di bruschetta, bistecca e verdure alla griglia e torta di ricotta, il uttto innaffiato da un buon bianco.

Dopo il ruttino siamo ripartiti. Io ero già cotto da prima della discesa a Martignano, che ho fatto trasognato. Malgrado il riposo non sono riuscito a recuperare, e la strada da Martignano e Cesano l’ho fatta con le gambe che si rifiutavano di fare il loro dovere. Per fortuna erano solo pochi chilometri, soprattutto in pianura.

Temevamo che il treno fosse affollato di scout, invece l’abbiamo trovato pieno di ciclisti… Boblake e company di ritorno dalla loro gita! Un finale simpatico!

L’intenzione di Angelo e Carmine è di riproporre la gita con tuffo e/o giro in canoa non appena il tempo migliora. Io ho suggerito di avere una doppia gita. Gli hard da Ponte Milvio, i normali con treno fino a Cesano e bici da lì a Martignano. Proposta approvata.

Altri dettagli sul percorso non posso da perché non me lo ricordo… se non che era pieno di salite. Anzi, cominciate a salire e sicuramente arrivate a Martignano.

Un grazie ad Angelo e Carmine per la bella giornata… E una speciale menzione per Carmineche gira con una MB di acciaio in puro stile cancello… Ma fa tutto lo stesso.

venerdì 9 aprile 2010

Gabbiette: collaudo molto positivo anche sulla bici da città.

Abituato in questi anni a girare da solo per le campagne, le cadute sono la cosa che ho sempre temuto di più. La seconda erano i cani.

Forse per questo non ho mai adottato sistemi di aggancio dei pedali, proprio perché tutti mi dicevano che all’inizio la caduta era garantita.

Girando assieme agli altri di cicloappuntamenti mi sono fatto un po’ di coraggio e ho messo le gabbiette di plastica. Prima sulla bici da campagna, poi, osando, su quella da città, in occasioni di un fin troppo rimandato cambio dei pedali

Il risultato è stato molto positivo. Il piede si stacca bene, e in compenso è sempre ottimamente posizionato per la pedalata. Quando ti serve usi il pedale al contrario, quindi senza gabbietta.

Non so se si manifestil consumo della punta delle scarpe, ma spero che la plastica non crei grossi problemi.

Il costo delle gabbiette: circa 5 euro da un ciclista non certo economico

mercoledì 7 aprile 2010

Feste di Pasqua: il canto del cigno tra lago e bici da Marta a Tuscania (e ritorno)

Le feste di Pasqua sono ormai finite, e la primavera, con il 25 di domenica e il primo maggio di sabato, sarà avara di ponti.

Non ho fatto grandi cose in questi giorni, niente due/tre giorni di bicicletta e ciclopicnic, ma oltre ad aver sfruttao il train + bike day con un salto a Nettuno, mercoledì, ultimo giorno di ferie, sono andato a Marta, sul lago di Bolsena, con l’intenzione di provare il percorso che unisce il paese a Tuscanica.

Il caso vuole che il sentiero parta a 50 metri dalla casa di un mio caro collega, e quindi mi sono sentito in dovere di salutarlo. Il caso ha voluto che stesse collaudando la barca appena messa in acqua in vista della bella stagione, quindi è venuto a prendermi e mi ha fatto fare un bel giro alle due isole, la Martana e la Bisentina.

Oltre alla bellezza della giornata, la visita alle due isole è stata una prescout per l’attività con la canoa, che conto di inaugurare a maggio, non appena l’aria sarà più calda.

Salutatici verso le due del pomeriggio, mi sono diretto verso Tuscania, seguendo il percorso che la provincia di Viterbo inserisce nel suo sito.


Non avendo il GPS, e nemmeno la stampante funzionante, mi sono copiato a penna le indicazioni su di un foglio di carta, ricalcando dallo schermo del PC una cartina essenziale.

Data la tarda ora di partenza ho dovuto tagliare il percorso. Pensavo infatti di andare con il percorso 1 e tornare con un altro percorso che fa un giro più ampio, ma lavorando senza GPS, ed essendo da solo, non me la sono sentita molto.

L’andata, in discesa, è stata molto carina. Debbo dire che le indicazioni dell’itinerario non sono molto precise, e che la segnaletica tiene evidentemente conto che tutti i ciclisti hanno il GPS. Infatti ho dovuto spesso ragionare sulle direzioni da prendere, laddove un cartello avrebbe risolto l’arcano facilmente.

Sia come sia sono arrivato a Tuscanica su di una bella strada sterrata. Era la prima volta che ci arrivato e ne sono rimasto affascinato. Giornata stupenda, le mura di tufo, che io adoro, erano ancora più belle.

Dall’alto della Chiesa di San Pietro, vedevo il sentiero che si snodava verso Tarquinia, e quindi sono rimasto un po’ con l’amaro in bocca. E’ comunque una gita da organizzare: in treno a Montefiascone, Tuscania, Tarquinia e poi indietro da Tuscania.

Sono anche convinto di aver visto la strada sterrata abbiamo percorso scendendo da Monte Romani verso la valle del Marta.

Il ritorno è stato altrettanto bello ma molto più faticoso, in quanto era tutto in salita, peraltro molto moderata. Alla fine ho fatto circa 25 km, quindi quasi niente.

Il dislivello non lo conosco.

domenica 4 aprile 2010

Roma per “pochi intimi”… Luci e ombre della pista del Tevere

Sabato sono uno dei pochi rimasti in città, ancorché “rosicando” parecchio per non aver potuto unirmi ad una serie di iniziative in una giornata così bella.

Ho pensato quindi di impiegare il pomeriggio a godermi Roma, che era veramente vuota, almeno al di fuori delle zone più centrali.

La giornata, come ho detto, era magnifica, con il verde tenero degli alberi che comincia a far capolino, insieme al viola dei fiori degli alberi di Giuda.

Il Tevere era una tentazione troppo forte e quindi mi sono diretto alla pista, che ho imboccato all’altezza di Ponte Risorgimento, e ho percorso fino al Ponte dell’Industria. Il fiume era ottima salute, con una discreta corrente, un vero spettacolo.

La pista, invece, presenta una situazione molto variegata, che va dalla perfezione al disastro.

La perfezione è quella del tratto asfaltato, che va da Porta Portese all’interruzione al Ponte dell’industria. Fondo ottimo appena ripulito dal fango, prati e aiuole in forma assolutamente accettabile. Una vera delizia, utilizzabile anche per gli spostamenti non legati al divertimento.

Il disastro sta invece nel tratto centrale, ovvero da Ponte Matteotti a Porta Portese. Lì sembra veramente di fare un fuoristrada, e anche piuttosto sgradevole.

Il fondo si è ancora più deteriorato, con larghe porzioni di sampietrini trasformati in buca.

Quelli ce ci sono, sono talmente disconnessi da costringere il ciclista a percorrere la bordatura di travertino.

Vi sono ancora lunghi tratti coperti dal limo. Addirittura sotto Castel S. Angelo la banchina scompare totalmente per quasi 500 metri, con la spiaggia che arriva senza soluzione di continuità fino ai muraglioni.

Adesso il limo è ancora compatto e durissimo, ma con l’avanzare della bella stagione si trasformerà in polvere (finissima) rendendo ancora più difficile e sgradevole il passaggio.


Il ritorno è stato molto simpatico, in quanto da Piazza Cavour sono arrivato fino a Ponte Milvio sulla ciclabile di Via Cicerone e Viale Angelico e poi fino a Piazza Vescovio sulla pista di Monte Antenne che ho trovato in ottime condizioni.


Morale della favola: la pista del Tevere è una bellissima infrastruttura, ma è alla mercè del fiume, e quindi necessita di manutenzione tempestiva dopo ogni piena. Consolidare e asfaltare il tratto percorribile dalle bici appare ormai irrinunciabile, anche perché ne facilita il ripristino dopo le piene.

Ricordiamoci però che la pista rimane ancora interrotta all’altezza del ponte a Tor di Quinto. Sono ormai due o tre anni, e non solo non sono stati iniziati i lavori, non solo non si sa se mai inizieranno, ma il Comune non ha predisposto neanche una variante per aggirare il ponte…

Su questo non ho o capito ce risposte stia dando il mitico tavolo tecnico del Comune… Se non sbaglio una specie di cura del ferro, ovvero… attaccatevi al tram!
Posted by Picasa

venerdì 2 aprile 2010

Quando si parla di aborto non riesco a non pensare al bike sharing...

Quest’ultimo scorcio di campagna elettorale mi ha fatto ritornare indietro alle lezioni di religione del nostro caro preside. E infatti, come se non fossero bastati i richiami pre-elettorali, a pochi minuti dalle elezioni (vinte) scoppia la fiera dell’irrilevante.

Invece di pensare a tutti i problemi da risolvere che li attendono due Governatori, forse confondendo il proprio ruolo con quello di ginecologo, si scagliano contro la pillola abortiva. Per fortuna la Polverini certe cose non le ha mai neanche dette, per non dire pensate.

Sarà per le scuole fatte dai preti, ma io rimango sempre stupito di come persone adulte e in possesso delle proprie facoltà mentali (almeno sembra) possano essere prese da certi temi, per non dire come possano prendere sul serio le autorità religiose. Mistero!

Ma tornando all’aborto, quando lo si cita, penso sempre al bike sharing. In effetti è ormai moltissimo che la gestazione va avanti, ma il momento del parto di un vero bike-sharing non arriva mai.

Tralasciando il problema della tariffazione, l’embrione cresce a poco a poco. Si aggiungicchia una stazione qui ed una la’… Per carità, un piano non è noto. Magari in 8-10 anni si arriva anche a coprire il 70% della rete (sarebbe un bel record se il bike-sharing contendesse alla metro la palma della lentezza dell'espansione!).

In effetti, in una città con poca metropolitana come Roma, il bike sharing potrebbe avere il ruolo di moltiplicatore dell’utilità della linea. Basterebbe posizionare una postazione per fermata della metro, e attorno a questa altre tre o quattro postazioni per servire il territorio. Con 3 o 4 km di raggio (10-15 minuti di bici) si avrebbe un aumento enorme dell’area di copertura della metro.

Includendo nella lista anche le stazioni ferroviarie (che a Roma sono un bel po’) e i grandi capolinea dei bus, si arriverebbe ad una rete in grado di moltiplicare di parecchio l’utilità del trasporto pubblico, invece di servire solo il centro storico, come è adesso. Per non dire di qualche pista ciclabile “ad-hoc”

Invece io non credo che il trasporto delle bici sulla metro possa avere un grande ruolo. Infatti è un po’ una contraddizione in termini (a Termini…): se la densità dei passeggeri è così bassa da poter piazzare la bici sul convoglio, evidentemente la metro non serve…

Magari si riuscirà a rosicchiare qualcosa fuori dalle ore di punta, ma su metropolitane dove neanche il normale passeggero riesce a salire, piazzare la bicicletta la vedo proprio dura!