Ci sono molti mestieri che comportano rischi: il camionista, il contadino con il trattore, l'operaio edile.
Meritano un posto a parte coloro che fanno mestieri dove la morte non è un fatto accidentale, ma arriva per mano nemica, come il soldato e il poliziotto.
E' un fatto della vita, voglio dire che tutti accettiamo in qualche modo, ma quando le cose accadono non è meno duro da digerire. E soprattutto non ci autorizza a spendere alla leggera queste vite.
Io sono convinto che l'intervento in Afghanistan sia stato corretto, molto più di quello in Iraq. Per questa convinzione sento una sorta di corresponsabilità di fronte a quei morti.
E mi chiedo (come tutti, credo): è un sacrificio utile, stiamo, in questo momento, facendo la cosa giusta? E se le nostre forze venissero risucchiate nella guerra vera, e i morti diventassero decine, o centinaia? E se mio figlio volesse andarci? Cosa penserei realmente della missione?
Perciò, di fronte a queste bare, e alla prospettiva che al peggiorare delle cose ne arrivino altre, abbiamo il dovere di interrogarci se questa missione abbia un obiettivo raggiungibile e se venga condotta in modo corretto... oppure se facendo finta che non sia una guerra non rischiamo di predere una guerra che era stata già vinta.
Se i nostri obiettivi sono corretti. Alla fine a noi basta che nel paese non tornino i Talebani.
Comunque: rivediamo il tutto. Ma se questa guerra va fatta, allora facciamola come va fatta. Il che può dire anche bastonare qualche signore della guerra che ha qualche tresca con i Talebani, oppure darsi da fare per trovare ed eliminare i responsabili di questo attentato.
Altrimenti faremmo meglio a lasciare perdere.
domenica 20 settembre 2009
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