Stamattina, mentre pedalavo per andare in ufficio, mi
chiedevo che cosa avesse cambiato l’iniziativa di salvaiciclisti, e quale
dovesse essere il suo scopo.
Nel concreto... tanto e niente.
Niente perché abbiamo sempre le
solite strade rotte, piene di vetri, senza piste o corsie ciclabili. Niente
zone 30 etc. etc. Ma forse questa è colpa, almeno per Roma, di Alemanno e della
sua gente.
Tanto, perché gli automobilisti hanno capito che esisti.
Oddio, lo stronzo/a lo incontri sempre, ma è molto meno frequente. Di più sono
quelli che ti rispettano e cercano di non darti fastidio. Il progresso mi
sembra palpabile, e moltissimo –secondo me- è dovuto proprio alla grande
risonanza mediatica che ha avuto l’iniziativa salvai ciclisti.
E da questa considerazione secondo me discende proprio il
continuo dell’attività del 2013. Per me salvaiciclisti ha lo scopo principale
di diffondere la consapevolezza che i ciclisti esistono e che nel traffico di
tutti i giorni sono esposti a forti
rischi.
Pertanto è bene che salvaicilisti continui questa attività
di diffusione del concetto della necessità di curare la sicurezza di chi va in
bicicletta. Poi è ovvio che non si possa parlare solo di sicurezza, altrimenti
la gente si scoraggia.
Quindi se si apre una ciclofficina dedicata a
salvaicilisti va benissimo, se si parla di intermodalità (che con la sicurezza
non c’entra un’emerita ceppa) va benissimo non stiamo troppo a formalizzarci.
Però e nostro dovere essere anche realistici. Come ho fatto notare più volte, l’iniziativa
italiana si deve staccare da quella inglese. A Londra stanno troppo in avanti
rispetto a noi.
Lì il codice della strada tendono a rispettarlo, e quindi
lavorano di continuo a migliorarlo, e a migliorare alcuni punti deboli, tipo le
rotatorie.
E’ pericolosissimo scimmiottare gli Inglesi, con azioni tipo
la famosa proposta di legge, un aborto totale che è stata giustamente avviata a
discarica dalle commissioni competenti, e che si farà bene a non resuscitare.
Tipico esempio di come parlamentari in cerca di pubblicità sono pronti a trasformare
in legge testi di pura fantasia, con risultati disastrosi in termini di dispendio di energie e relative delusioni
L’azione da noi deve dividersi a due livelli:
-
Un livello nazionale (appannaggio di
associazioni tipo la FIAB), unico per tutti, volto a migliorare il codice della
strada per liberare i lacci che in questo momento impediscono alla mobilità
ciclabile di esprimere il proprio potenziale;
-
Un livello locale, differente a seconda del
livello di maturità locale della ciclabilità, volto a introdurre infrastrutture,
politiche e azioni a sostegno della mobilità (e del turismo, perché no)
ciclabili.
A Roma il livello locale dovrebbe avere come primo obiettivo
contenere la straripante invadenza
dell’auto e la repressione sistematica dei comportamenti più pericolosi
e aggressivi.
Al tempo stesso va adottata un’oculata politica delle piste
ciclabili, allo scopo di creare una rete di spostamento attraverso la città.
Infatti la zona 30 e va bene per la ciclabilità locale, ma se uno deve andare
da Centocelle al Nomentano in sicurezza, non può condividere gli stradoni con
le auto, e sulle arterie di comunicazione il limite 30 non verrà mai
introdotto.
Infine va gettato un occhio alla repressione dei furti, con politiche fortemente e concretamente dissuasive, in particolare contro i mercatini della refurtiva.
Il prossimo appuntamento è dunque alle elezioni per il prossimo sindaco. Inevitabilmente, con i problemi dirompenti che ha la nostra città, il tema della ciclabilità verrà in secondo, o forse in terzo piano. Inevitabile, ma non facciamoci ingannare da chi mette solo belle frasette in programmi fatti di buone intenzioni.
Facciamoci dare i soldi.
#Salvaiciclisti vorrebbe sapere quanti cazzo di milioni l'anno intendi dedicare alle infrastrutture per la ciclabilità.
Numeri, non parole.
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