Intitolare una festa, seppur transitoria, al Tricoloree all'Unità d'Italia è una scelta che approvo fortemente, anche se, come già ho avuto modo di scrivere in queste pagine, avrei di gran lunga preferito il 20 settembre, anniversario della riconquista di Roma.
Con l’annessione di Roma l’Italia era fatta, a parte qualche pezzetto di irredentismo per completarla… ma tant’è.
Detto questo, possiamo essere orgogliosi di questa patria?
Personalmente rimpiango che non abbiamo tagliato la testa ad alcun papa, cosa che avrebbe messo ordine nei rapporti tra Chiesa e Stato, come accadde fra Monarchia e Stato in Francia, dopo la decapitazione di Luigi XVI.
Inoltre credo che la maggior parte degli Italiani abbia in questo momento qualcosa da recriminare, nel senso che dopo una partenza bruciante, una unificazione nazionale fatta buttando alle ortiche gli Staterelli, le speranze erano di avere uno Stato serio e capace. Sulla carta ce lo abbiamo avuto. Legislazione avanzata, impostazione laica, progressiva espansione dei diritti civili (non peggio che in altre parti d’Europa, comunque).
Sul piano pratico le magagne si sono presentate già dall’inizio e di fatto, andando a vedere i singoli episodi, sono le stesse che ci portiamo appresso ancora adesso: una classe dirigente ignava che difficilmente può essere inchiodata alle proprie responsabilità ed una politica troppo diretta verso interessi particolari a scapito del bene comune. Cittadini accondiscendenti.
In ogni caso ben pochi rimpiangevano l’ordine precedente. Mentre festeggiamo i 150 anni dell’Unità, molti connazionali dicono di rimpiangere lo Stato Borbonico, o addirittura quello Pontificio.
A proposito dello Stato Borbonico non posso dire nulla, ma rimpiangere lo Stato Pontificio, credo sia demenzialità pura, c’e’ voluto Alberto Sordi a ricordarcelo con il Marchese del Grillo. E non per niente, la bandiera italiana che preferisco è quella di guerra della Repubblica Romana. Se diventassi Presidente della Repubblica, quella vedreste sventolare sul Quirinale.
Molto più seria è la questione leghista, non tanto per i problemi che sta ponendo, domande giuste, ma per le risposte che sta dando. Chi si muove dal Nord al Sud dell’Italia ancora vede una differenza netta nell’organizzazione civile, che non si limita ad una questione di reddito, ma si estende al modo di vedere la cosa pubblica. Intendiamoci, sempre di Italia si tratta, e la stessa Milano, ancorchè più opulenta, non potrà mai essere paragonata a città come Monaco o Bruxelles (ovviamente Parigi e Londra giocano in un’altra classe) come pulizia, trasporti, lucidità di pianificazione per lo sviluppo, e anche comportamenti civili dei cittadini.
Per adesso il cosiddetto “federalismo” si sta traducendo in una ormai irrimandabile responsabilizzazione della finanza locale, che purtroppo avviene in maniera contrastata e a risorse prossime allo zero. Purtroppo i pochi tecnici con i quali ne ho parlato, non sono soddisfatti dei provvedimenti. C’e’ il pericolo che tasse effettivamente aumentino nelle regioni e nei comuni peggio amministrati, vedi i 120 milioni di buco dell’ATAC. Quindi il vero pericolo è che la “doppia velocità” delle parti d’Italia aumenti, arrivando ad una separazione di fatto tra un Nord ricco e determinato, ed un Sud con il laccio della criminalità organizzata sempre più stretto intorno al collo.
Il motore stesso del Risorgimento, l’idea di Patria ed il nazionalismo sono stati begli ideali, anche presentabili, fino alla prima guerra mondiale. In quei terribili anni una generazione intera fu massacrata sui campi di battaglia per litigi tra classi dirigenti. Non per niente la guerra finì quando ci fu la rivoluzione negli Stati “aggressori” (Russia, Austria, Germania) tutti retti da sistemi assolutistici o quasi.
Purtroppo la pace che ne seguì pose le basi per la futura e ben più terribile seconda guerra, dove con nostra somma vergogna, ci schierammo dalla parte sicuramente sbagliata. E troppi Italiani ancora non vogliono riconoscerlo.
Per fortuna, abbiamo sbagliato la guerra, ma abbiamo azzeccato la pace, e siamo finiti dalla parte “giusta” dell’Europa, quella non in mano ai sovietici, e abbiamo preso parte alla costruzione della Comunità Eurupea prima e dell’Unione Europea.
Ecco, io sono convinto che per mantenere le nostre importanti conquiste in tema di diritti umani e politici, laicità e stile di vita, la scelta europea sia inevitabile. Anche gli ultimi accadimenti in Libia mostrano come se presi singolarmente gli Stati Europei siano troppo deboli per dare un contributo positivo a ciò che accade sulla soglia di casa nostra.
Stemperare la patria Italia in una Federazione Europea, per quanto difficile, è una strada che non possiamo continuare a rifiutarci di percorrere, a meno di non finire in una disintegrazione di stampo leghista e in un’assoluta irrilevanza che ci renderebbe vulnerabili a livelli che è difficile immaginare, se non dopo essere stati in posti piccoli come Malta.
Dal prossimo post si riparla di bicicletta, lo giuro.